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 2018  luglio 14 Sabato calendario

L’autostrada della vittoria di Assad che risveglia l’economia della Siria

Dopo che le bandiere nazionali hanno ripreso a sventolare sul valico di Nassib, pochi giorni fa, i sostenitori di Bashar al-Assad hanno cominciato a chiamarla «l’autostrada della vittoria». È la M5, la più importante arteria commerciale della Siria. Oltre 500 chilometri che uniscono la frontiera con la Giordania a quella con la Turchia. È su questi cinquecento chilometri che si sono combattute le più dure battaglie della guerra civile. E ora, per la prima volta in sette anni, la quasi totalità del nastro d’asfalto è nelle mani dei governativi. La spina dorsale della Siria di Assad.
Fino a un anno fa il viaggio da Damasco ad Aleppo era una gimcana fra check-point, lunghe deviazione su strade secondarie, agguati di cecchini. Camion, pullman, i mezzi militari, chiunque dovesse raggiungere la «capitale del Nord», semi-assediata dai ribelli, doveva mettere in conto dalle otto alle dodici ore per una distanza di meno di quattrocento chilometri. Appena lasciato il centro di Damasco c’era subito una deviazione, lungo la «strada delle colline», per evitare la tangenziale che sfiora Douma e la Ghoutha orientale, fino ad aprile una roccaforte degli insorti. Dopo le alture a Nord-Ovest della capitale la via riprendeva normale, a tre, quattro corsie. Un’autostrada mediorientale, informale, senza svincoli, con la corsia più esterna, vicino ai grossi centri, ingombrata di baracchini che vendono caffè arabo, Nescafé, dolcetti, patatine piccanti o non, e bottiglie d’acqua.
I check-point
Ma già prima di Homs cominciavano i check-point più rigidi. La città sunnita, una delle roccaforti della ribellione, era stata ripresa nella sua totalità alla fine del 2015. Appena fuori cominciava una deviazione verso Est, Salamiyah, e poi in pieno deserto fino a Ithriyah. I damasceni, con un tono di superiorità, lo chiamavano «l’Afghanistan»: villaggi beduini, popolazioni sunnite molto conservatrici, con le donne rigorosamente velate, dai bei caftani color viola o verde. È una zona strategica che fa da svincolo verso Palmira e verso la città costiera di Tartus. La tirata da Damasco ad Aleppo non è però ancora possibile. Resta un tratto, da Maarrat Numan a Saraqib, controllato dai ribelli, o meglio da punti di osservazione dell’esercito turco, in base agli accordi di de-esclation firmati da Russia, Turchia e Iran. A Maarrat Numan, Khan Sheikhoun, Saraqib si sono combattute alcune fra le più dure battaglie della guerra civile, e i ribelli non cederanno facilmente.
Ankara, Damasco, e anche Amman, hanno però un grosso interesse comune. Una M5 in piena efficienza, dal valico di Kilis con la Turchia fino a quello di Nassib con la Giordania, significa ricadute economiche valutate fra i 5 e 15 miliardi di dollari all’anno, e introiti per le casse dei tre Stati attraverso i dazi doganali. I ribelli filo-turchi dell’Esercito libero siriano hanno annunciato che a breve ci sarà un «cessate-il-fuoco generale» e il tratto fra Aleppo e la frontiera turca potrà essere riaperto. Il valico di Nassib, il più importane con la Giordania, è stato invece riconquistato il 10 luglio. Amman dista meno di 100 chilometri e qui l’M5 assicura gli scambi fra Libano, Siria e Giordania. Un grande ritratto di Assad sorveglia gli ultimi chilometri, dopo la dogana. Con la riconquista dell’M5 il raiss si è assicurato la vittoria, ma su un Paese in macerie. Che ora tocca ricostruire.