La Stampa, 14 luglio 2018
L’analfabeta erudito
Le battaglie più ammirevoli sono quelle perse, e degno d’ammirazione è dunque il presidente della Crusca, Claudio Marazzini, che con la sua prestigiosa Accademia difende la lingua italiana, fra l’altro, da anglicismi, ibridazioni digitali, provincialismi internazionalisti. È inutile dire road map, meglio cronoprogramma. Inutile dire street food, meglio cibo di strada. Inutile e brutto dire hotspot, meglio centri di identificazione. Ci ha scritto sopra un libro («L’italiano è meraviglioso») che promette di essere incantevole ma anche vano, se non inteso come ridotta per puristi un po’ autarchici. Nulla dissuaderà i ragazzi e anche i più stagionati dall’uso di spoilerare (svelare la trama e il finale) o di slot (parola precisissima e intraducibile, specie in quattro lettere): è così che ci si esprime e ci si intende in numero sempre maggiore. Le lingue cambiano, come cambia il mondo, altrimenti parleremmo l’italiano di Ugo Foscolo o persino di Dante, che peraltro col volgare colpì a sangue la sacralità ufficiale del latino, e una Crusca del tempo lo avrebbe impalato. In tempi frenetici, poi, le lingue cambiano freneticamente, come freneticamente cambia il mondo, e tutto ci pare una novità ingovernabile, una barbarie spaventevole. Però il mondo e le lingue cambiano lo stesso, ed è insensato fare respingimento di neologismi urtanti ma già d’uso corrente molto prima che i vocabolari li registrino. La lingua si insegna e se ne custodiscono le regole, ma i custodi non devono mai trascurare che la lingua è popolare, cioè è fatta da chi la parla, se non vogliono consegnarsi a una forma paradossale di analfabetismo.