La Stampa, 13 luglio 2018
Cara Crusca ti scrivo. Devo proprio usare la parola apericena?
Che cos’hanno in comune l’apericena, la pronuncia di Wikipedia, il feedback, la gentrificazione e il kebabbaro? Sono solo alcune delle parole che tolgono il sonno ai puristi dell’italiano, migliaia di persone che hanno raccolto l’invito dell’Accademia della Crusca, lanciato un anno fa: scrivere al loro sito per chiarire dubbi semantici, sgombrare il campo dagli inglesismi (una delle calamità con cui lottano i custodi della madrelingua), e combattere il «vocabolario ibridato dai linguaggio social» stracolmo di abbreviazioni che uccidono la lingua. Vedi la x al posto del «per» o i punti esclamativi e gli emoticon gettati a pioggia in assenza del superlativo giusto.
Per rendere la portata del fenomeno, il presidente dell’Accademia Claudio Marazzini, che ha appena pubblicato il libro L’italiano è meraviglioso (Rizzoli, pp 252, € 17), preferisce usare i numeri al posto delle parole: «Negli ultimi dodici mesi la nostra pagina web è stata visitata da 5 milioni di utenti, per un totale di 12 milioni di visualizzazioni e sono arrivati 6954 quesiti: mi sembrano cifre importanti».Insieme con questa iniziativa di confrontarsi con gli italiani che amano l’italiano, l’Accademia ha dato vita al gruppo «Incipit» nato per «monitorare neologismi o forestierismi incipienti». Una delle ultime bocciature riguarda due vocaboli molto utilizzati dai media negli ultimi mesi: «hotspot» (da preferire «centri di identificazione») e «stepchild adoption» (da sostituire con «adozione del configlio o del figlio del partner»).
Messa al bando pure la definizione «smart city»,(meglio «città agile»), «road map» («chiamiamolo cronoprogramma») e «deadline» (meglio «scadenza»). Non parliamo poi della parola «abstract», che la Crusca mette al bando suggerendo al suo posto «sintesi». Delle risposte da dare agli italiani che amano la propria lingua si è occupato il professor Paolo D’Achille,direttore dell’Ufficio Consulenza linguistica della Crusca: «Fra i temi più ricorrenti – spiega – c’è l’uso ormai allargato del femminile applicato alle professioni: molti cittadini, infatti, ci hanno scritto se sia o meno improprio l’uso della parola sindaca o notaia e noi abbiamo risposto che è accettabile». Mentre sulla parola «femminicidio» l’Accademia ha chiarito che, «nonostante sembri un vocabolo nato di recente in quanto legato a fatti di cronaca, di femminicidio si parlava già nei libri ottocenteschi». Al contrario non si è mai sentito il bisogno di parlare di “maschicidio” perché esiste già il generico omicidio».
Ai primi posti dei quesiti più richiesti c’è il plurale di alcune parole (per esempio pronti soccorsi, quando «è giusto i pronto soccorso» o i capocuoco da preferirsi a capicuoco, mentre roccaforte richiede il plurale, ed eccolo diventare roccheforti. Molti anche i dubbi sulle espressioni regionali: «”Di oggi ti sei già allenato?” per esempio – spiega il professor D’Achille – si usa soprattutto in Piemonte, e non si può dire italiano». Altra domanda frequente la scelta dell’articolo davanti alle regioni geografiche: «Si dice il Costarica o la Costarica? Ed è buona la seconda, proprio perché si tratta di una costa».
Fra le curiosità estive, che ha costretto parecchi ristoranti a modificare il menu di pesce (in forza di ordinanze legate alla posizione ufficiale assunta dalla Crusca) l’uso dei sinonimi di «cozze». In Liguria vengono chiamati «muscoli» e in Veneto «peoci». Entrambi i termini sono stati bocciati: per correttezza bisogna scrivere «cozze», perché nessun sinonimo – benché benedetto dalla tradizione popolare – è stato accettato.
Fra i neologismi a cui è stato dato il via libera da pochi giorni, invece (come dimenticare il «petaloso» di due anni fa?), l’Accademia ha accettato – e la richiesta arrivava sempre dai bambini – il termine, meno poetico del precedente, di «pullmanista» ovvero «il signore che ci viene a prendere a scuola con il pullman». Tornando invece all’italiano sofferente di esterofilia, il presidente Marazzini spiega: «Il vero nemico della lingua italiana oggi non è tanto l’inglese, ma il provincialismo con cui viene adottato». E fa un esempio: «Perché parlare di “street food” quando si può dire cibo di strada, o “competitor” al posto di concorrente o ancora “endorsement” anziché sostegno?». Forse è per quello che spedisce ai primi posti delle domande più poste l’uso inopportuno delle parole straniere. Okay? Anzi: va bene?