la Repubblica, 13 luglio 2018
Per le vie di Togliatti l’angolo di Russia dove l’Italia resiste
Contrordine, compagni, mettete via il pallone. Dopodomani finisce il Mondiale e domani è il 70° anniversario dell’attentato a Palmiro Togliatti, nume tutelare della città. La Svizzera ha sgomberato già da dieci giorni le stanze al Lada Resort, sulla riva del Volga, che qui raggiunge la larghezza massima (19 metri). Sei giorni fa è sfumato anche il sogno della Russia, consolata da Putin.
Ma in fondo il primo Mondiale russo, per i 707 mila abitanti di Togliatti, non è mai iniziato, perché a novembre gli azzurri non erano riusciti a segnare lo straccio di un gol alla solita Svezia, che delusione. Chissà che cosa avrebbe detto lui, l’uomo che ha dato il nome alla città, trascinando con sé un effetto inestinguibile: l’amore per l’Italia. «La politica non c’entra più niente: ormai qui il rispetto per Palmiro Togliatti è rispetto per il nostro Paese», spiega Gianguido Breddo, console onorario della regione di Samara, di Ulyanosk e della repubblica del Tatarstan.
Stavropol sul Volga, vialoni a 4 corsie e architettura alquanto sovietica, venne ribattezzata il 28 agosto 1964. Il segretario del Pci era morto a Gurzuv, in Crimea, da nemmeno un mese, il 1° agosto, a 71 anni: si era sentito male durante il discorso ai ragazzi del campo estivo Artek, il più famoso dell’Urss. I dirigenti del Pcus non persero tempo: oltre a intitolargli la città, il 29 agosto cambiarono il nome della scuola numero 23, dove il 7 ottobre 1967 venne aperto il museo, che occupa un’aula al primo piano.
Sarebbe meglio chiamarlo mausoleo. La direttrice, Viktoriya Mashkina, si destreggia tra i cimeli e il politicamente corretto, ora che la cortina non è più di ferro: «Per noi conta il suo antifascismo». C’è il busto in gesso dello scultore Kolesnikov. Il ritratto a tutta parete, col pugno chiuso. I libri autografi. Le poesie. Il disco con i discorsi. Il film del funerale. Le copie dell’Unità e di Rinascita con gli articoli del segretario. Quella del giornale di Stavropol, con la notizia del nuovo nome della città. Le foto della visita nel 1969 di Nilde Iotti, la compagna, e di Marisa, la figlia.
Ma l’Italia, a Togliatti, non è soltanto nell’aula con vista sul bosco. L’Avtovaz Museum racconta il resto. Nel 1966 lo Stato sovietico si accordò con la Fiat per costruire automobili: duemila italiani, ingegneri e operai specializzati, trasferirono sul Volga tecnologia e competenze per la fabbrica Avtovaz, 110 mila dipendenti nel nuovo quartiere, l’Avtozadovsky District, biblioteche, palazzetto dello sport, campi da calcio e di atletica. Vennero distribuiti dizionari italo-russi tascabili. Nel 1970 fu varata, sul modello della 124, la famosa Zhiguli, dalle montagne sul fiume. Era l’auto per il popolo, ma il nome era troppo difficile e fu cambiato in Lada. Quando gli italiani se ne andarono, Togliatti era rimasta italiana per sempre. Dalle relazioni tra donne russe e uomini italiani era nata più di una famiglia. Il cappellano di Modena, don Galasso Andreoli. nell’Urss della religione vietata diceva messa di nascosto anche per i russi. Restò dal 1969 al 1973 e scrisse un diario, “Il Prete degli operai”.
L’Avtovaz aprì gradualmente agli stranieri: Renault, Nissan e Mitsubishi. Calava la percentuale degli imprenditori italiani nella regione. Ma negli Anni 90 l’esito del referendum per il ritorno al vecchio nome della città fu schiacciante: oltre l’80% di no. «Togliatti voleva continuare a sentirsi italiana», racconta Natalia Albertovna Krist, capoufficio delle relazioni estere del Comune, gemellato con Piacenza. La spiaggia più famosa si chiama Italijanska. In 7 scuole i ragazzi studiano italiano. Si moltiplicano concerti, manifestazioni, festival del cinema e della cucina. Fanno proseliti l’istituto italiano di cultura e la società Dante Alighieri, diretta da Tatiana Bulobina: «Il comitato è il quinto per importanza in Russia, il primo tra le città non capoluogo».
È stata posata la prima pietra del parco progettato in nome del compagno Togliatti, anzi Taliazzi, secondo pronuncia autoctona: gara vinta da un giovane designer italiano. Intanto il Mondiale se n’è andato. «Nella Russia c’erano tre giocatori della nostra accademia: Kutepov, Zobnin e Dzagoev»: Aleksei, dirigente comunale, ha appena un po’ di nostalgia. Contrordine, compagni, mettete via il pallone.