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 2018  luglio 12 Giovedì calendario

Fattoria Tolstoj: guerra, pace e mucche bio

Daniil Tolstoj pensa in grande. E non potrebbe essere altrimenti per un pronipote dell’autore di Guerra e Pace e Anna Karenina. Cittadino svedese, studi alla London School of Economics, vuole creare la prima azienda agricola biologica «al cento per cento» in Russia. Per farlo ha acquistato ben 7mila ettari di terreno nella regione di Tula, non lontano da Jasnaja Poljana (Serena Radura), la tenuta dove il bisnonno scrisse i suoi capolavori ed è sepolto. Lev Tolstoj amava il lavoro nei campi: benché conte, arava e falciava. Daniil, 45 anni, è entusiasta di ripercorrere le orme del suo illustre antenato: «È sempre stato il mio sogno tornare in Russia e lavorare la terra. Prima operavo nella finanza, spostavo i soldi da una parte all’altra. Un impiego così astratto».
Lo slancio per cambiare vita è arrivato durante una delle grandi riunioni di famiglia dei Tolstoj. Dopo la Rivoluzione, i discendenti dello scrittore lasciarono il Paese e ora quasi tutti, come Daniil, vivono all’estero e sono russi solo di cognome. «Circa cinque anni fa abbiamo visitato una tenuta di 500 ettari, Nikolskoje- Vjazemskoje, un tempo parte del patrimonio Tolstoj. I parenti mi hanno chiesto se me ne volessi occupare. Mi chiedevo che cosa potessi farne. L’ispirazione mi è venuta da Duchy Originals, l’azienda biologica della tenuta di Highgrove del principe Carlo. Ho pensato: «Copiamo l’idea. Portiamola a Jasnaja Poljana e usiamo come marchio il cognome Tolstoj». Invece di quei 500 ettari, grazie anche ad Across Invest, Daniil ne ha comprati ben 7mila vicino alla tenuta- museo di famiglia e ha fondato l’azienda “Nasledie Tolstogo”, “Patrimonio Tolstoj”. «La terra è fertile e la posizione è perfetta. Sono i terreni coltivabili più vicini a Mosca, un mercato da 12 milioni di abitanti». Il momento per investire nella terra in Russia non potrebbe essere migliore. Con 123 milioni di ettari arabili a disposizione, l’agricoltura è uno dei settori che il governo sta promuovendo per diversificare l’economia. «Si parla sempre di corruzione in Russia, ma tutti i funzionari che ho incontrato – ci dice Tolstoj – sono stati di grande aiuto».
Il mercato biologico russo deve ancora svilupparsi. Prima del bando sulle importazioni, seguito alle sanzioni occidentali, il 95% dei prodotti biologici arrivava dall’estero. E fino all’anno scorso il governo non aveva neppure istituito un suo sistema di certificazione nazionale. Proprio per questo, secondo Tolstoj, le potenzialità sono enormi. «C’è sempre più interesse per il “cibo locale”. I russi sono molto patriottici: se esiste un marchio “made in Russia”, lo preferiscono. E c’è il sostegno del governo. Vladimir Putin ha detto di voler trasformare la Russia nel più grande esportatore di cibo biologico». L’obiettivo a lungo termine di Daniil è rendere i prodotti biologici più accessibili alla popolazione. «Benché al momento nessuno lo sia al 100 percento, sono molto cari. Spesso costano il doppio rispetto agli articoli standard perché sono realizzati su piccola scala e si rivolgono a consumatori disposti a pagare molto. Spero nel futuro di ridurre il divario. E anche di coinvolgere altre aziende che si attengano ai nostri criteri di qualità». I primi prodotti biologici targati “Patrimonio Tolstoj” a essere lanciati sul mercato saranno formaggi a pasta tenera e semidura. Daniil si sta avvalendo della collaborazione di un mastro formaggiaio francese, Vincent Lefevre, che al momento sta selezionando le mucche, il mangime e i macchinari da acquistare. Prima di tutto però, aggiunge Tolstoj, bisogna riconquistare la fiducia dei consumatori. Secondo diversi studi, i formaggi venduti in Russia sono in gran parte contraffatti.«Basta leggere le statistiche: la produzione di latte è rimasta costante, mentre quella di formaggio è aumentata. Come? Usando più olii vegetali che latticini. Perciò la gente non si fida».
Non è l’unica sfida. Coltivare secondo standard biologici 7mila ettari è impegnativo. «Molti appezzamenti, per di più, non venivano sfruttati da anni, erano diventati oramai piccole foreste. E poi, per una biofattoria, ci vorrebbero mille mucche a ettaro, il che nel nostro caso vorrebbe dire 7mila, tantissime», spiega Daniil: «È complicato. Ma andiamo avanti, un passo alla volta».