la Repubblica, 12 luglio 2018
Pesce, agli italiani piace facile
D a ragazzino si svegliava con l’odore del sugo che bolliva. La madre cucinava il pesce fin dalle prime ore del mattino. In tavola a quei tempi arrivavano arzille, sugarelli, pesce San Pietro, gallinelle, spatole, scorfani… «Ma oggi chi li cucina più?», si domanda Mario D’Andrassi mentre in piena notte controlla lo scarico del pesce che ha scelto all’asta di Anzio. In effetti, negli ultimi decenni il consumo del pesce è molto cambiato: le varietà di pescato che finiscono sulle tavole sono enormemente diminuite. E D’Andrassi lo sa bene: fa questo lavoro da più di 50 anni, dormendo due volte al giorno, non più di tre ore per volta. Se gli chiedi cosa fa nella vita, dice: «Il pesciarolo». Come lui anche Costantino Cartocci: con suo figlio arrivano alla quinta generazione di commercianti di pesce. Entrambi lavorano nel Centro agroalimentare di Roma a Guidonia, dove ogni notte arriva il pesce pescato in gran parte nei mari italiani, ma anche in Nord Europa o in Africa, perfino in Australia. Conoscono bene il mestiere, e i cambiamenti che ha subito negli anni. Soprattutto – sostengono – è cambiato il consumo delle famiglie, perché a trasformarsi è stato il ruolo della donna, che da “massaia sempre a casa” ha lasciato i fornelli per dedicarsi al lavoro. «Oggi – aggiunge D’Andrassi – si arriva a casa e in poco tempo il pranzo è pronto. Le esigenze sono cambiate anche a tavola». Si scelgono, infatti, pesci più veloci e semplici da cucinare. Le famiglie – spiega il direttore generale del Car Massimo Pallottini – «basano molto la loro scelta sulle qualità tradizionali». In cima alla piramide dei consumi – secondo i dati della Commissione europea riferiti al 2017 – ci sono il tonno, la spigola e l’orata; a seguire, seppia, salmone, polpo e merluzzo, gambero, calamaro, alici. Tra i frutti di mare, le cozze prevalgono sulle più costose vongole. In crescita gli acquisti di merluzzo, pesce spada e cefalo.E la sogliola? «La sogliola per le creature», aggiunge Giuliano Delle Cese, anche lui storico commerciante del Car. A guardarlo mentre energico organizza la nottata e dirige con piglio deciso i dipendenti, non si direbbe che ha 81 anni. «È una vita che non ceno, altrimenti non riesco a dormire», racconta. Mentre sistema le ultime cassette di pesce, prende in mano un merluzzo e spiega come riconoscere il prodotto fresco: «Il colore dà freschezza e bellezza, così come l’odore. Il pesce deve essere vischioso, vivo, l’occhio deve essere in fuori e non in dentro, le branchie rosse». Anche secondo lui la scelta di quello che finisce a tavola oggi è molto condizionata dalle esigenze legate a una cucina più veloce e semplice. Nonostante questo, però, negli ultimi anni il consumo in Italia è aumentato: un rialzo – leggendo i dati di Federcoopesca- Confcooperative – iniziato nel 2015. L’anno scorso i prodotti ittici hanno fatto registrare un più 3%, con un consumo che si avvicina alle 26 mila tonnellate (ogni italiano consuma in media 28,9 chilogrammi all’anno). «Il pesce fresco – spiega ancora Pallottini – è sicuramente quello più acquistato», ma una parte della spesa riguarda anche i surgelati. In particolare, i dati Ismea riferiscono che l’anno scorso per il pesce fresco e decongelato – che rappresentano oltre la metà dell’offerta – è stato speso ben il 7% in più rispetto al 2016. Allo stesso tempo è aumentato il prodotto surgelato (+5,4) con una quota di mercato pari al 18%, così come le conserve ittiche – prevalentemente tonno – per le quali le famiglie hanno speso il 3,7% in più.Oltre alle specie più comuni, nelle cassette di polistirolo che invadono il Car e gli altri mercati d’Italia c’è un po’ di tutto. Anche pesci, crostacei e frutti di mare meno ambiti. Triglie, ricciole, mormore, dentici, occhiate, gallinelle, spatole, razze, anguille. Fasolari e ostriche. E poi ci sono i “pesci poveri”, chiamati così semplicemente perché più economici rispetto agli altri ( o almeno lo erano in passato) ma non per questo meno buoni. Anzi. «Il prezzo – precisa Pallottini – non sempre è indice assoluto di qualità». Sardine, sgombri, alacce, aguglie, aringhe non godono di grande popolarità, «ma sono ottimi prodotti». Fanno eccezione solo le umili alici, molto ambite dal mercato. In ogni caso le campagne a favore del pesce povero hanno cambiato, almeno in parte, la scelta di chi consuma pesce. Se ne mangia, infatti, più che in passato. Così come le famiglie «sono più attente – aggiunge D’Andrassi – alla stagionalità, anche se c’è ancora molto lavoro da fare su questo».Intanto, al Car sono le due e mezza del mattino, i camion entrano ed escono attraverso la grande barriera che separa il mercato dal resto della città. Il buio delle vie limitrofe e l’odore di rugiada degli spicchi di campagna disegnano un’atmosfera di confine. Così nel buio delle campagne il mercato apre le porte a pescivendoli, ristoratori e rappresentanti dei supermercati che iniziano la loro sfilata tra i box dei grossisti. Così piano piano i banchi si svuotano, con le cassette che finiscono sui bancali e vengono caricate nei furgoni. Velocemente arrivano le sei. Giuliano Delle Cese è già a casa e probabilmente ha iniziato la sua prima pausa di riposo, mentre D’Andrassi riprende la macchina per tornare nel litorale laziale. Cartocci resta lì ancora qualche minuto per chiudere i conti della giornata. Un rito che si ripete tutti i giorni. Poi è la città a svegliarsi con i banchi dei mercati e le pescherie che tirano in alto le serrande: il pesce è lì – fresco e brillante – pronto per essere acquistato.