Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  luglio 12 Giovedì calendario

Piercamillo Davigo, il manettaro eletto al vertice dei giudici

“Pesi senza contrappesi” era il titolo di un saggio di Carlo Guarnieri dedicato al rapporto tra magistratura e politica in Italia: e il professore lo scrisse nel 1992, quando già il problema era piuttosto sentito. Ora, anno 2018 dell’era grillina, il problema neppure si pone, perché il peso ormai è unico: avere Piercamillo Davigo primo degli eletti al Csm (2522 voti) in pratica significa che dialogherà da solo, visto che l’interlocutore del potere esecutico (la politica) è principalmente un Guardasigilli che si chiama Alfonso Bonafede, e della cui asservita dipendenza dal potere giudiziario abbiamo già avuto ampi assaggi. Magistratura e politica, cioè, parlano la stessa lingua: non per convergenza intellettuale, ma perché uno dei due (indovinte chi) copia semplicemente l’altro. Non c’è frase, contenuta nelle interviste che Davigo rilasciava prima delle elezioni politiche, che non sia finita direttamente nel “contratto” o in altre interviste ventriloque rilasciate dall’imbarazzante Bonafede, uno che potrebbe tranquillamente avere i poster di Davigo in cameretta. Diceva Piercamillo nel febbraio scorso: «Non ho dubbi, se l’Italia vuole uscire dalla corruzione deve ammettere le operazioni sotto copertura anche per questi reati». Ha detto Bonafede ieri in Commissione Giustizia al Senato: «Sotto il profilo dell’individuazione ed emersione del fatto corruttivo, l’impegno è quello di fornire supporto alle attività di indagine mediante l’utilizzo dell’agente sotto copertura. L’innovazione che si vuole introdurre è quella di estendere l’istituto all’ambito dei delitti contro la pubblica amministrazione». Ma già se ne parlava nel famoso contratto Salvini-Di Maio, che secondo Bonafede è addirittura «un’architrave dell’azione di governo».

LO SPOGLIO
Ma c’è anche altro, di caro a Davigo e che Bonafede si limita a replicare con linguaggio peggiore: lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado e lo stop alla riforma delle intercettazioni voluta dal precedente governo. Sulla prescrizione, in particolare, Davigo giunse a dire che «chi non rifiuta la prescrizione deve vergognarsi», lasciando allibito anche il presidente della settima commissione del Csm. Ma torniamo alla cronaca, intanto. Davigo ha preso 2.522 voti su 8.010 toghe che hanno votato tra domenica e lunedì, e si è piazzato al primo posto tra i colleghi che correvano per i due posti disponibili per i magistrati della Cassazione. In pratica, oltre un quarto della magistratura italiana ha votato per lui. Davigo, che è stato anche presidente dell’Associazione magistrati, ha staccato di mille voti la principale concorrente, il giudice torinese Rita Sanlorenzo, che peraltro in passato aveva aveva criticato Davigo per la sua forte esposizione televisiva. È un segnale, visto che la Sanlorenzo appartiene alla corrente di Area (il gruppo di sinistra della magistratura) e in queste elezioni per i 16 componenti togati del Csm è arrivata ultima su quattro candidati in corsa: tra questi la collega di Magistratura indipendente Loredana Miccichè (1.760 preferenze, eletta) e poi l’esponente di Unità per la Costituzione Carmelo Celentano (1.714 voti, non eletto), al netto di consensi che hanno mediamente premiato la destra della magistratura ma che hanno anzitutto premiato Autonomia e Indipendenza di Piercamillo Davigo, considerata vicina (molto) al Movimento 5 Stelle.


ISPIRAZIONE
Di recente il magistrato si è ritrovato a dover smentire – con certa decisione – di essere il consigliere del citato Bonafede: e tutto solo perché le tesi dei due coincidono al limite del plagio. Che sciocchezze. Davigo è da sempre fonte d’ispirazione più che altro di alcuni amici giornalisti e ama ripetere sempre le stesse frasi: una, straclassica e ripetura da almeno vent’anni, è che «l’attività principale dei vari governi che si sono susseguiti dal 1992 non è stata quella di rendere più difficile la corruzione, ma quella di rendere più difficili le indagini e i processi sulla corruzione. Sono state cambiate le leggi per fare assolvere gli imputati». Vedremo se lo ripeterà anche per questo governo.