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 2018  luglio 12 Giovedì calendario

Le promesse da 200 miliardi di Erdogan

Ci si aspetterebbe di vedere un lunga fila procedere lentamente lungo il tratto di asfalto sospeso sull’acqua. Invece, dopo aver avvistato la prima auto, a volte si attendono anche 15 secondi prima di vederne un’altra sfrecciare. Il primo pomeriggio non è forse l’ora più affollata, ma il terzo ponte sul Bosforo, Yavuz Sultan Selim, non sta funzionando come ci si aspettava. La causa è probabilmente l’alto costo del pedaggio, che scoraggia molti turchi a prendere la via più rapida anche a costo di mettersi in fila per un’ora su un altro ponte. 
Investimenti per 200 miliard i
Vederlo è un’opera immane. È il ponte sospeso dei record: il più lungo (1,4 km), il più largo (59 metri), con un’autostrada a otto corsie e due linee ferroviarie. E quello con le torri più alte. Inaugurato nell’agosto del 2016, Yavuz Sultan Selim è solo uno dei tanti mega progetti voluti dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Strade, autostrade, ferrovie, porti, un tunnel sotto il Boforo (inaugurato nel 2017), complessi ospedalieri innovativi, l’aeroporto più grande del mondo. E perfino, in futuro, “l’idea folle”, un canale artificiale per raddoppiare il Bosforo. Sono il piatto forte delle campagne elettorali di Erdogan, l’uomo al potere dal 2003, fautore della crescita a tutti i costi. Il presidente ama spesso ricordare ai suoi sostenitori tutti i progetti già realizzati, e quelli che intende realizzare nei prossimi 5 anni. Si parla di investimenti per 200 miliardi di dollari, qualcuno sostiene anche più di 300.
Nessuno mette in dubbio che molti delle grandi opere finora eseguite, e anche quelle in via di realizzazione, abbiano e stiano generando moltissimi posti di lavoro. Né che abbiamo contribuito a quella crescita imponente dell’economia che in dieci anni ha trasformato la Turchia in una potenza industriale. Ma a quale prezzo? 
Il raddoppio del Bosforo 
Non di rado il Governo si è indebitato. In diversi contratti è stata per esempio utilizzata la formula dei PPP (Public Private Partnerships). Accordi contrattuali in cui il Governo si fa da garante qualora i grandi consorzi privati non raccolgano quanto concordato in un certo arco temporale dal funzionamento dell’infrastruttura. Per esempio se il consorzio che ha costruito il terzo ponte sul Bosforo non riuscirà a coprire l’investimento con i pedaggi, entro un certo tempo, interverrà il Governo. Altri progetti sono stati realizzati con contratti Bot. E il discorso non cambia molto. Finora la realizzazione delle opere, a cui hanno partecipato spesso anche grandi gruppi stranieri, è stata eseguita in tempi davvero rapidi, con il rispetto dei termini di pagamento. Ma erano tutte necessarie? Durmus Yilmaz, ex governatore della banca centrale, è scettico. «Non stiamo utilizzando le risorse nel miglior modo per ricavare delle entrate – ha dichiarato in un’intervista – Tutto questo è finanziato attraverso prestiti stranieri. Questi investimenti genereranno abbastanza entrate in modo da ripagare i prestiti?».
I bilanci di diverse aziende turche sono in difficoltà. D’altronde sono proprio le aziende turche a detenere circa 2/3 del debito del Paese. E di queste 1/3 è indebitato in valuta pregiata in un periodo in cui la svalutazione della lira turca ha eroso i loro guadagni. A farne le spese saranno soprattutto le Pmi turche, il cuore dell’economia del Paese. Erdogan per ora non sembra curarsene ed attende con frenesia di partecipare all’inaugurazione, in ottobre, del nuovo aeroporto di Istanbul, progetto da 12 miliardi di dollari. Quando sarà completata la terza fase, se mai verrà completata, sarà il più grande aeroporto del mondo. Con un traffico di 200 milioni di passeggeri. L’obiettivo è di renderlo il più grande Hub internazionale. È vero che il traffico passeggeri è triplicato negli ultimi 10 anni arrivando a 63,7 milioni. E che l’aeroporto attuale, l’Ataturk, è già al massimo della sua capacità. Ma il trend di crescita sta mostrando dei rallentamenti. 
Tra gli altri progetti annunciati quattro settimane fa dallo stesso Erdogan rientra anche la prossima centrale. che si aggiunge agli impianti di Akkuyu, la cui costruzione è stata avviata ad aprile scorso, e di Sinope, in corso di progettazione. Progetti per attenuare la dipendenza energetica della Turchia. Ma le centinaia di moschee costruite nel paese, le migliaia di scuole religiose, i grattacieli costruiti anche con incentivi governativi che ora restano disabitati o fermi da mesi?
Il mega-aeroporto 
E il crazy project? Nonostante Erdogan abbia ribadito di volerlo realizzare, il canale artificiale lungo oltre 35 km per collegare il Mare Nero al mar di Marmara avrebbe un costo annunciato di 15 miliardi di dollari. (i critici obiettano che il costo reale si avvicini a 65 miliardi). Per non parlare del grave impatto ambientale e dei disagi per la popolazione (occorrerà spostare 800mila persone). E poi perché le navi dovrebbero pagare un costoso pedaggio quando la Convenzione del 1936 permette loro di transitare gratuitamente attraverso il Bosforo? Il rischio reale è che, se questi progetti non dovessero generare i profitti previsti, saranno i contribuenti turchi a pagarne il prezzo. Simili progetti, oggi, la Turchia non può più permetterseli.