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 2018  luglio 09 Lunedì calendario

L’epopea di Eminem, il re dei rapper ora parla ai ventenni e non fa più paura

Ai (si presume) tanti che si sono fatti la doppietta milanese – venerdì Jay-Z e Beyoncé a San Siro, sabato Eminem alla fu area Expo – è apparsa plasticamente chiara la differenza tra uno show e un concerto. Come tra giorno e notte. Lo show è qualcosa che va oltre la musica, è ghiotto di effetti speciali, visivi e sentimentali: sul palco lui e lei a colpi di canzoni e trovate sceniche hanno messo in scena la storia della loro vita di coppia, tra corna, litigi, riconciliazioni, con inevitabile lieto fine. Per un concerto, però, ovvero per la musica, bisognava passare da Eminem. Il quale per il debutto in Italia dopo oltre vent’anni di carriera ha scelto la ciccia, la sostanza, ovvero le canzoni che l’hanno consacrato uno dei rapper migliori di tutti i tempi (per qualcuno il migliore).
Cappellino, felpa col cappuccio, pantaloni della tuta, al massimo una t-shirt bianca quando fa caldo, un palco semplice, al massimo un filmato introduttivo dove si finge Godzilla e cammina per la città.
Ma il resto è musica, inondazione di rime, parole, frasi, assonanze, e lui che canta ingobbito verso il pubblico come da tradizione dei rapper. Stop. Nulla più, nulla meno. Ma nulla più e nulla meno di questo volevano gli 80mila arrivati sotto il palco fin dalla mattina, giovanissimi, la metà under 21, l’80% under 25, come dire la generazione che con il rap è nata e quindi cresciuta. In questo senso è stato un concerto epocale, perché ha anche simbolicamente sdoganato un genere che in Italia è stato guardato (e in parte è) con una certa diffidenza. Suono aggressivo, parole incomprensibili e quando le comprendi ti scandalizzi. Ma è chiaro che il rap – dopo essere stato il nuovo rock per l’impatto e il nuovo cantautorato per come racconta il mondo – adesso è semplicemente il nuovo pop, la musica di tutti. E lo scandalo semmai lo crea la trap, con il suo groove ipnotico e la sua aggressività di testi che sbattono in faccia sesso, lusso e droga.
Il concerto di sabato lo ha fatto capire bene: riascoltate oggi, cose come Rap god, My name is, The real Slim Shady, che ai tempi facevano gridare al mostro, suonano quasi rassicuranti, ricordi di un bel tempo che fu. Chissà se è un caso che si chiami Revival l’ultimo disco che finalmente ha fatto planare Eminem in Italia, trainato da una canzone come River, cantata in duetto con Ed Sheeran, per l’appunto il re del pop. Così rasserenante, la serata, che non c’è stato neppure bisogno di mostrare la scritta “Se sei facilmente impressionabile dai rumori forti o se ti offendono i testi espliciti non dovresti essere qui, firmato Eminem”, messa dopo le polemiche per le finte esplosioni disseminate nel concerto. Ormai il rap non fa più paura a nessuno.