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 2018  luglio 09 Lunedì calendario

È l’arte perduta il museo più grande del mondo

Il museo più grande del mondo è quello delle opere che non ci sono più. Rubate o distrutte, perdute e mai ritrovate. Da sole, riempirebbero una somma incalcolabile di Louvre. Siamo portati a credere che i capolavori appesi ai muri o esposti nelle vetrine delle collezioni del pianeta rappresentino il meglio dell’arte del passato. Non è così. Semplicemente si tratta di oggetti che hanno avuto la meglio nella lotta contro il tempo e la furia distruttrice dell’uomo: per dire, i Buddha di Bamiyan, polverizzati dai talebani in Afghanistan nel 2001, così come le vestigia di Palmira, attaccate dall’Isis, sono tra gli ultimi esempi di meraviglie che non ce l’hanno fatta. L’evoluzionismo darwiniano si applica anche alla storia dell’arte.
L’americano Noah Charney, storico ed esperto di crimini contro il patrimonio, ha messo insieme il lungo e incompleto elenco degli “scomparsi” d’autore.The Museum of Lost Art, pubblicato dalla casa editrice Phaidon, è un catalogo impossibile: una sequenza di fotografie, disegni, stampe, incisioni che riproducono quello che non possiamo più vedere. Quanti sono davvero i Caravaggio che mancano all’appello: dieci o cento? Siamo sicuri che il capolavoro di Leonardo fosse proprio la Gioconda? E La Battaglia di Anghiari, che qualcuno si ostina ancora a immaginare nascosta dietro le pareti affrescate di Palazzo Vecchio a Firenze?
Forse non avremo mai una risposta a tante delle domande poste dal libro, ma l’intuizione ridotta a colto prontuario molto americano – con illustrazioni magnifiche – di Charney è quella di costruire una breve storia dell’arte parallela. Dove i titoli dei capitoli rimandano al triste destino delle opere: rubate, vittime di guerra, distrutte per incidente, iconoclastia, vandalismo, cause naturali, rovinate dallo stesso proprietario, perdute o forse mai esistite.
Il traffico clandestino di oggetti d’arte alimenta un mercato sotterraneo che vale 9 miliardi di euro. A partire dalla Natività di Caravaggio, trafugata a Palermo nel 1969, il furto celebre ha del clamoroso. Ma ancora più scioccante è sapere che i “missing” restano tali per anni, se non per sempre. Per unAutoritratto di Rembrandt, soffiato al Nationalmuseum di Stoccolma nel 2000 e ritrovato a Copenhagen cinque anni dopo, ci sono altrettanti esempi di “cold case” irrisolti. Da questo punto di vista, il delitto perfetto resta il colpo consumatosi all’Isabella Stewart Gardner di Boston, il 18 marzo 1990. Quando due ladri travestiti da poliziotti riuscirono a farsi aprire dai guardiani notturni e sfilarono al museo tredici capolavori assoluti, tra cui Il Concerto di Vermeer, La tempesta sul mare di Galilea di Rembrandt, Chez Tortoni di Manet e cinque disegni di Degas per un valore stimato oggi di 500 milioni di dollari. A nulla sono servite le indagini dell’Fbi e le promesse di ricompense milionarie.
Quando un’opera d’arte sparisce, abbandona il campo visivo del mondo ed entra nel mito. È accaduto anche con quei luoghi, descritti dalle fonti letterarie, e mai attraversati da qualcuno che possa raccontarlo davvero.
Vale per l’El Dorado, la città tutta d’oro, fantasticata dai conquistadores spagnoli in America, e per Atlantide. Insieme ai Leonardo e ai Caravaggio che non vedremo mai, sono i centri di una geografia fantastica sottratta per sempre al feticismo e al turismo di massa. Se un Paradiso delle opere d’arte esiste davvero, possiamo esserne sicuri: è tutto pieno.