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 2018  luglio 09 Lunedì calendario

L’affaire della movida milanese tra blitz neofascisti e capimafia

Lame e movida, di mezzo un bel po’ di estrema destra e qualche non rara presenza mafiosa di peso. Il cocktail è robusto. E non manca di preoccupare. Milano si scopre vulnerabile, ferita nel suo brand più noto, quello del divertimento notturno. Non solo spritz, ma anche sangue e coltelli, serviti troppo spesso e troppo volentieri. I locali, nella capitale mondiale del fashion, vengono chiusi con cadenza quasi quotidiana. Dal 2017 a oggi sono ben 152, quelli che per ordine del Questore hanno dovuto tirare giù la cler per diversi giorni. Vari i motivi: presenza di pregiudicati, risse, episodi di sangue. E non parliamo solo dei kriminalbar della periferia, da Quarto Oggiaro al Corvetto, ma anche di discoteche che hanno fatto la storia glamour di Milano. Dai Magazzini generali, al Madison, al Volt, al The Beach di via Corelli. Ultimissima bandierina piantata, solo pochi giorni fa, l’Old Fashion Cafè, a due passi dalla Triennale. Nella nota si legge: “Grave episodio di violenza”. Chiusura per 30 giorni e incassi azzerati.
La decisione è arrivata dopo il ferimento di Niccolò Bettarini, figlio dell’ex calciatore e di Simona Ventura. Caso, comunque, risolto in poche ore dalla Squadra Mobile. Tentato omicidio l’accusa. L’aggressione avviene fuori dal locale. In arresto finiscono 4 persone, due sono albanesi, due italiani, uno pregiudicato per reati specifici, il secondo, giovanissimo, rimonta dalla periferia Nord, zona Affori, alla domenica sale le gradinate della curva Nord, lui ultras dell’Inter, mentre in settimana assiste alle partite dell’Hockey Milano. La passione per l’estrema destra nasce proprio nel palazzetto del ghiaccio. Come lui molti. Al Pala Agorà il proselitismo in chiave neofascista è sdoganato da tempo. In curva compaiono gli stemmi che richiamano da un lato CasaPound e dall’altro Lealtà e azione. La Digos per mesi ha tenuto i fari accesi su questo fenomeno. Tanto da arrivare a incardinare un fascicolo (oggi chiuso e in attesa di rinvio a giudizio) a carico di uno dei leader della curva con l’accusa di estorsione. Durante le indagini, il lavoro informativo ha messo nero su bianco una lunga lista di ragazzi, circa una trentina di nomi, tutti con appartenenza identica: da un lato la curva dell’Inter dall’altro la condivisione dei principi propagandati da CasaPound. Ma non si vive solo di calcio, hockey e neofascismo. Alla sera si esce, una birra, un bel po’ di chiacchiere. E quando si fa serata, la si fa tutti insieme.
Ecco allora che da settimane, la Questura ha alzato il livello dell’attenzione su questi gruppi di stampo neofascista che girano per i locali della movida milanese. Le loro zone sono dichiarate e vanno da corso Garibaldi all’Arco della Pace a corso Sempione. A volte corso Como, mai e poi mai la zona dei Navigli, che resta, a tutt’oggi, ancora di chiaro colore anarchico, se non altro perché in fondo alla ripa di Porta ticinese si anima il suk di via Gola, dove l’area dell’autonomia si mischia con la microcriminalità straniera. Gli episodi di violenza legati alla peggio gioventù neofascista non sono rari e spesso passano sotto traccia, perché i collegamenti vengono fatti a posteriori, ovvero dopo che le volanti sono intervenute. Il più grave si è verificato in corso Garibaldi. Qui, lo scorso 10 marzo, due ragazzi furono aggrediti da 12 persone vicine all’area di CasaPound e di Lealtà e azione. Futili motivi, si disse.
Poi tradotti in frasi come “voi siete dei compagni”. Per quell’episodio i 12 sono stati indagati per lesioni. Erano “armati” di caschi e spranghe. Coltelli, ma anche tirapugni e tutto il triste armamentario saranno poi trovati durante le perquisizioni. Ma c’è di più. Alcuni dei 12 sono legati alla curva dell’Hockey Milano. Il fenomeno delle aggressioni, che mischiano politica e logica ultras, è in aumento. La Questura lo tiene monitorato. Questi ragazzi non girano armati di coltelli, ma di caschi e spranghe. L’onda nera aumenta in modo parallelo alla diffusione di CasaPound sul territorio. Quartieri di periferia una volta di sinistra, ora risentono dell’influenza neofascista che cavalca il disagio sociale. Succede nella zona di via Mac Mahon. Una rinascita che per gli investigatori è legata anche al fatto che da oltre un anno il leader maximo del movimento vive in città. Gianluca Iannone si è trasferito a Milano per motivi personali. E la sua presenza regala fiducia.
L’obiettivo, ragionano gli analisti, è quello di trasformare Milano nella roccaforte nordista dell’estrema destra. Qui sono stati aperti diversi punti vendita di abbigliamento e qui Iannone e altri progettano di aprire locali, anche grazie ai consigli di Marco Clemente, personaggio dalla dichiarata fede politica, ma soprattutto uomo d’affari con interessi romani e milanesi. E che la movida sia un affare, lo sanno anche i manager vicini ai boss della ‘ndrangheta e di Cosa nostra. Corso Como è l’ultima frontiera. Recentemente, come svelato da il Fatto, il Comune, su indicazione della Prefettura e della Dia, ha sospeso la licenza al Ballarò. Tra i soci della srl Davide Lombardo, il quale, mai condannato per mafia, oltre ad avere legami con il clan Barbaro-Papalia, fino al 2009 è stato amministratore di un centro estetico a Sesto San Giovanni. Centro che Lombardo poi passerà alla moglie di Saverio Gualtieri braccio destro di Giuseppe Calabrò detto u Dutturicchiu, vicino alle cosche di San Luca a Milano. Legami e rapporti. Questo il lavoro della Dia. Sul tavolo dell’antimafia decine di informative su noti locali notturni. Un vero tsunami. Due conducono ancora in corso Como. Insomma, lame ma non solo. Oggi, tra blitz neofascisti e affari mafiosi, la movida più famosa d’Italia è sotto commissariamento.