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 2018  luglio 09 Lunedì calendario

Il piccolo genio italiano dei videogame che batte i campioni coreani

«Victory!». La scritta appare sullo schermo dopo 26 minuti di battaglia. Reynor si toglie le cuffie, si appoggia sullo schienale della sedia e si gode il trionfo. Il pubblico applaude all’«italian genius», il genio italiano. 
4 luglio. Seul, studi di Afreeca Tv. Riccardo «Reynor» Romiti ha appena battuto Kim «Classic» Doh Woo, uno dei più forti giocatori al mondo di StarCraft II. Gli appassionati definiscono questo videogame come una partita a scacchi, ma con molte più variabili. Un campo di battaglia, due fazioni e migliaia di combinazioni possibili. Scopo del gioco: annientare l’avversario. 
Riccardo ha 16 anni, Kim 10 in più. Questa vittoria gli ha permesso di entrare nel Code S: il torneo dove si sfidano solo i giocatori migliori, da sempre dominato dagli imbattibili coreani. È la fiaba che mancava al mondo dell’eSport italiano. È Filippo Tortu che corre i 100 metri sotto i 10 secondi. È Federica Pellegrini che strappa l’argento ad Atene 2004. È Danilo Gallinari che centra il primo canestro in Nba. L’enfant prodige dei videogame vive a Greve in Chianti, comune di quasi 1400 abitanti alle porte di Firenze. A nove anni comincia a giocare a StarCraft II. Con il nome di Reynor macina vittorie su vittorie. Anche se le sue mani sono troppo piccole per schiacciare tutti i tasti. Arrivano tornei, trasferte e sponsor. Dalle partite in cameretta alla vita da professionista il passaggio è veloce.
A raccontarlo è proprio lui, che ci risponde al telefono dalla Corea del Sud: «Sono felice dei miei risultati ma nemmeno adesso StarCraft II è la mia priorità. Sono al terzo anno dell’istituto informatico, quando ho scuola torno a casa alle 15, studio ed esco con i miei amici. Alla fine mi alleno un’ora al giorno». Competere a questi livelli non è esattamente rilassante. I giocatori professionisti arrivano a una media di 350-400 azioni al minuto, più di 6 azioni al secondo. È quasi come suonare musica jazz: non c’è una scaletta da seguire, si deve improvvisare: «Prima dei tornei cambio le mie abitudini. Gioco anche 6 ore al giorno e studio le strategie del mio avversario. In partita però quello che conta è essere sicuri di sé e seguire l’istinto».
Dallo scorso anno, Riccardo fa parte del team Exeed, una squadra che lo segue e gli garantisce un’entrata regolare. Per un giocatore del suo livello vuol dire tra i 600 e i 1500 euro al mese, da sommare ai premi vinti nei tornei. Ma il supporto arriva anche dai genitori. Il padre Massimo e la madre Laura lo accompagnano nelle gare all’estero: «Nostro figlio è un ragazzo serio, non ha mai trascurato la scuola. A noi piace assecondare le sue passioni. Cos’altro dovrebbe fare un genitore?». Intanto lui si gode i viaggi, le vittorie e i fan, da quelli in giro per il mondo che lo fermano per un autografo ai compagni di classe che seguono le dirette delle partite. E c’è chi vede molto di più per il suo futuro. È Giovanni Finizio, il suo primo allenatore: «Riccardo ha quella scintilla che potrebbe farlo diventare il migliore in assoluto».