Avvenire, 8 luglio 2018
Duterte ironizza ancora su Dio: «Dimostratemi che esiste e mi dimetterò»
Difficile immaginare altre provocazioni, tuttavia il presidente filippino Rodrigo Duterte riesce ancora a scioccare i suoi avversari e a accrescere il disagio tra i suoi sostenitori. Ieri ha lanciato quella che probabilmente finora è stata la sua sfida più temeraria, affermando che è pronto a rassegnare le dimissioni se «un solo testimone» sarà in grado di provare l’esistenza di Dio. Meglio ancora«se con un selfie che dimostri la sua capacità di vedere il Creatore e di parlargli».
Lo ha fatto venerdì a Davao, la città dove è stato primo cittadino per un ventennio prima di correre per la presidenza. Durante il suo intervento a un evento dedicato alla scienza e alla tecnologia, ha messo in discussione ancora una volta alcuni dei fondamenti della fede cattolica. Tra questi il concetto di Peccato originale che – ha detto – minaccia tanti piccoli innocenti e che solo il battesimo è in grado di rimuovere. «Dov’è la logica di Dio in questo caso?», ha affermato. Esternazioni che sicuramente non allentano la tensione antica tra la Chiesa filippina il 73enne Duterte e che il 22 giugno, davanti a una platea di funzionari pubblici aveva parlato di «stupidità» di Dio per avere avere dato vita a una condizione perfetta per poi dare all’umanità la possibilità di distruggerla. Per questo, il presidente aveva raccolto forti critiche dall’interno e dall’estero, e in particolare la definizione di «psicopatico» dal vescovo di Sorsogon, monsignor Arturo Bastes.
Una situazione che giustifica l’attesa per il previsto incontro di domani al palazzo di Malacañang tra Rodrigo Duterte e il presidente della Conferenza episcopale, l’arcivescovo di Davao, Romulo Valles.