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 2018  luglio 07 Sabato calendario

Parla Sfera Ebbasta

Ormai è certo: Sfera Ebbasta non è solo il re della trap, una rockstar da milioni di clic. A soli 25 anni Gionata Boschetti – questo il suo vero nome – è il numero uno in Italia (meglio di Pausini e Jovanotti). A dirlo, oltre a un’intera generazione di ragazzi, sono i numeri. Il suo disco, Rockstar, è il più venduto degli ultimi sei mesi. E non è tutto: il rapper di Cinisello conquista tre delle prime cinque posizioni della chart dei singoli. Per non parlare del tour: una raffica di sold out.
Quest’estate torna sul palco con il Rockstar Summer tour. Che cosa si aspetta?
«Suonare all’aperto è molto differente dal suonare in un club. Quando mi esibisco in una piazza, davanti a tante persone, l’atmosfera è unica».
Che show ha preparato?
«Sono tornato a uno spettacolo vecchia maniera, senza la band, con pezzi non riadattati. Volevo che tutti potessero sentirli nella loro versione originale. Ho cambiato anche la scenografia, gli schermi, le luci. Questa volta ho puntato sui Led wall».
Dopo i club e le piazze passerà ai palazzetti e poi magari agli stadi?
«Bisogna fare un passo alla volta. Il primo obiettivo sono senz’altro i palazzetti e penso che entro l’anno prossimo riuscirò a raggiungerlo. Per gli stadi, se tutto va bene, l’anno successivo ancora».
Sogna un live a San Siro?
«Sarebbe davvero bello, magari una doppia data».
Al Concertone del Primo Maggio tutta la piazza ha cantato le sue canzoni esattamente come ha fatto con Gianna Nannini. La trap è molto più che musica per ragazzini?
«È sicuramente il fenomeno più forte degli ultimi anni, era da tempo che non si vedeva nulla di simile nel nostro paese. Si è diffusa a macchia d’olio, ha coinvolto un po’ tutti. Anche chi non sentiva il rap si è ritrovato a seguire questa nuova onda».
Perché secondo lei?
«La nostra forza, probabilmente, è stata quella di staccarci da un certo immaginario di rapper. Forse è per questo motivo che la gente ha iniziato ad ascoltarci mettendo da parte i pregiudizi. E questo ci ha permesso di arrivare a moltissime persone e aumentare i fan».
Nel 2013 a Fabri Fibra venne vietato di esibirsi al concerto per la festa dei lavoratori. Lei invece è riuscito a entrare nelle case degli italiani.
«Sì, i tempi sono cambiati. E poi quando è uscito Rockstar Milano era tappezzata di cartelloni con la mia faccia. Era impossibile non accorgersene. Inoltre, se il tuo disco conquista le classifiche è normale che tutti ne parlino».
InPeace & Love, duetto con Ghali, affronta il tema della «rivalità» tra colleghi. C’è molta competizione nella scena?
«Ci sarà sempre, se non ci fosse nessuno sarebbe spinto a fare meglio. C’è chi la soffre di più e chi meno. Ma se fai bene il tuo lavoro e sei affermato non la senti, se le cose non vanno come dovrebbero probabilmente la patisci di più».
Con il suo produttore Charlie Charles ha creato l’etichetta BillionHeadz Music Group. Come si trova nel ruolo di imprenditore?
«Bene, io e Charlie abbiamo fatto pratica. Siamo stati imprenditori di noi stessi e abbiamo sempre pensato con la nostra testa. Con il tempo, poi, siamo anche riusciti a capire alcuni meccanismi che ci hanno permesso di diventare manager di altri artisti, così da poterli indirizzare e spingere al meglio».
Al contrario di altri lei sembra gestire bene il successo. Non le pesa mai essere famoso?
«A volte ci sono momenti in cui non ho voglia di essere fermato per strada o di fare un selfie, però rispetto alle cose brutte della vita non è niente. Anzi, bisognerebbe vivere la fama come una benedizione».
Donne, feste e soldi: quando esagera con la vita da rockstar ci pensa sua madre a rimetterla in carreggiata?
«Assolutamente. Si arrabbia e mi rimprovera. Nella vita tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci tenga d’occhio e ci riporti con i piedi per terra».
Sta lavorando a nuove canzoni?
«Non smetto mai di scrivere e ho già messo da parte dei pezzi».
Dopo il duetto con Quavo inCupidocome pensa di alzare il livello?
«Con la musica e non con la singola collaborazione. Se si mette la ciliegina sulla torta, ma la torta fa schifo, non funziona. No?».