La Stampa, 7 luglio 2018
Martina segretario del Pd
Litigano su Martina segretario a tempo, ma alla fine trovano l’accordo per eleggerlo oggi in Assemblea nazionale. Si dilaniano sulla data del congresso, fingono di volere le primarie a febbraio sapendo che si potrebbero tenere tra un anno, ma il vero tema politico che li dividerà di qui ai prossimi mesi saranno le alleanze, visto che il Pd è ridotto ai minimi termini.
Non a caso l’unico che ha messo fuori il naso per dire «nella corsa alla leadership io ci sono», ovvero Nicola Zingaretti, nella sua prima uscita sul Corriere della Sera, ha fatto capire che è alla sponda dei grillini che bisogna guardare, nella sua parte critica individuata nella componente che fa capo a Fico. E anche se prima ci saranno le Europee, anche se il governo giallo-verde non dà segni di rotture, pur evidenziando molte crepe, è lì che la discussione andrà a parare. Come quando dal 4 marzo in poi i dem si sono spaccati tra chi avrebbe aperto porte e finestre ai pentastellati, almeno per vedere le carte (tutti i vecchi big e anche qualche renziano), e chi no.
Franceschini guarda avanti
Di questo convenivano l’altro giorno Dario Franceschini e Francesco Boccia, scherzando sul fatto che se ora tutta la discussione sembra ruotare sulla questione che appare lunare della data delle primarie, è su nodi più sostanziali che si lotterà al congresso: è sulla forma del partito, sul tipo di progetto politico e sulle eventuali alleanze che si dovrebbe concentrare una discussione seria. «Dobbiamo far tornare nel centrosinistra tutti quegli elettori che sono andati via, intercettati dal M5S e che oggi si ritrovano al governo, loro malgrado, con la destra di Salvini; con loro abbiamo il dovere di dialogare», sosteneva ieri Boccia in un seminario alla Camera sulle sorti della sinistra.
Nuova segreteria e Cencelli
Ed è a questo che sembra alludere Gianni Cuperlo, quando liquida le voci sugli assetti, «un tandem Lotti all’organizzazione e Martina segretario non mi convince, ma corriamo il rischio della metafora del dito e della luna: perché abbiamo subìto la sconfitta peggiore della storia e se la risposta che diamo è litigarci ciò che rimane delle spoglie di una grande ambizione, non credo che andremo lontano».
Certo, dalle parti di Renzi non ci pensano proprio ad aprire spiragli verso quei pentastellati che già dai primi atti (vaccini, etc.) si posizionano anni luce dalla linea Pd. Se non altro perché l’ex leader crede che questo governo andrà avanti indefesso. Renzi si vuole tenere lontano dalle beghe delle correnti, oggi si terrà alto, attaccherà il governo e parlerà di Europa, lasciando scorrere il letto del fiume assembleare verso lo sbocco deciso dalle correnti, senza remare contro: elezione di Martina segretario, il quale dirà che il congresso si terrà nel 2019 senza specificare un mese preciso. E segreteria collegiale, blindata dai renziani nei posti chiave.
Zingaretti stringe i tempi
Non è quello che vuole Zingaretti (e Orlando che lo sostiene nella battaglia di fare le primarie a febbraio), ma così sarà. È ciò che offre Martina, «non voglio affibbiarmi una scadenza come gli yogurt».
A Renzi della data delle primarie non importa nulla, anche perché alle Europee ci sono le preferenze e nelle liste ci sarà spazio per tutti.
E perché, malgrado le smentite dell’interessato, crede di avere in tasca il sì del «suo» candidato: secondo l’ex leader infatti, Delrio si sarebbe già adattato all’idea di correre al congresso. E quindi lo scenario probabile sarà una sfida a due con Zingaretti. Mettendo in imbarazzo molti potenziali supporter del governatore, come Gentiloni: «Che fa Paolo se c’è Graziano in campo?», si chiedono i renziani. Ammettendo che il rapporto con i 5 Stelle sarà uno dei temi congressuali. Anche per questo Marcucci dice «non facciamo passi indietro sul riformismo o ritorni al passato», stoppando così pure le aperture di Martina alle suggestioni lanciate da Bersani.