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 2018  luglio 07 Sabato calendario

Invalsi

I risultati dei test Invalsi appena pubblicati dimostrano – perdonate la brutalità della sintesi – che la scuola non fa così pena, ma gli italiani sì. Il livello di istruzione dei nostri ragazzi cresce costantemente sebbene rimanga il divario fra top e low perfomer (gergo), cioè fra i bravi e gli asini. E siccome gli asini stanno soprattutto al Sud, sono lampanti le cause sociali e le responsabilità politiche. Nel complesso, secondo i rilevamenti internazionali, gli studenti italiani sono nella media in quanto a comprensione del testo. Il disastro invece sono gli adulti. Analoghi rilevamenti dicono che gli adulti italiani sono penultimi in Europa: uno su quattro afferra soltanto frasi brevi e sette su dieci rimediano giramenti di capo di fronte a brani di ordinaria complessità. Succede perché, finita la scuola, smettiamo di leggere. Per noi i libri sono giusto un divertimento, e nemmeno tanto divertente. Il conseguimento del famoso pezzetto di carta ci esenterebbe dal continuare a studiare, e così non restiamo al passo col mondo. Ora s’è fatto schiamazzo sul sottosegretario alla Cultura, la leghista Lucia Bergonzoni, che ha confessato di non toccare libri da tre anni. Ma anche Paolo Gentiloni ammise che a Palazzo Chigi non c’era tempo nemmeno per sfogliarne, e Giuseppe Laterza gli segnalò che leggere non è un piacere ma un dovere. E se non ce lo mettiamo in testa, continueremo a esibire ministri che non distinguono un congiuntivo da un canguro. E non sono sciccherie, queste. Diceva una brava: «La dove vi è un grave errore di vocabolario, è difficile che non vi sia un grave errore di pensiero».