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 2018  luglio 01 Domenica calendario

Dal restauro un Manet diverso e il Guggenheim gli cambia il titolo

I restauri concedono sempre di conoscoscere meglio le opere d’arte; e qualche volta, le stravolgono; o regalano delle sorprese totalmente impreviste. Così, al Guggenheim di New York, si è dovuto perfino cambiare il titolo a un quadro di Édouard Manet: una Donna in abito da sera, è divenuta Una donna con abito a strisce, dopo tre anni di esami e lavoro. Morto l’artista, qualcuno l’aveva ridipinta, «nascondendo e appiattendo la brillante gamma dei colori», come dice Lena Stringari, che ha diretto l’operazione di Gillian McMillan. Il dipinto fa parte della collezione donata dal gallerista tedesco Justin Thannhauser, emigrato negli Usa per sfuggire alla Shoah: Braque, Cézanne, Degas, Klee, Monet, oltre 30 Picasso. 
L’ESPOSIZIONE
Cinquanta di queste tele saranno esposte a Bilbao, dal 21 settembre; e perciò (si chiama programmazione), tre anni fa è iniziato il restauro del Manet. Ormai dipinto non già con un abito da sera, ma da pomeriggio; o per una cena informale. Caduta la vernice degli spessi strati postumi, è balzata fuori un’altra signora, che resta dipinta, con il suo ventaglio, dal 1877 al 1880.
Centinaia di ore di fatiche di una restauratrice, aiutata anche da alcuni esperti del Metropolitan Museum. E così, si chiarisce anche un’antica descrizione di Theodore Duret, un amico dell’artista, che parlava di un vestito «a strisce grigie e violette», e non bianche e nere, come era ridotto. Una scoperta in una collezione antica: Thannhauser, già nel 1911 con suo padre, aveva aperto una galleria a Monaco; e poi un’altra a Berlino. Specializzata in Impressionisti; ma già nel 1922, anche in Picasso e Kandinsky: quelli che il nazismo includerà nell’Arte degenerata.
IL SACCHEGGIO NAZISTA
Nel 1937, fugge a Parigi (la casa verrà saccheggiata dai nazisti); quindi, in Svizzera; infine, a New York. A casa, ospitava i maggiori nomi dell’arte e della cultura. Nel 1963, lascia i quadri al Guggenheim: un dono tra i maggiori di sempre.
Spesso i restauri regalano grandi sorprese. Correggendo una data ridipinta sul quadro, Augusto Gentili ha dato il nome al Cavaliere Thyssen di Carpaccio; pulendo il capolavoro a Dublino, opaco e trattato come copia, Sergio Benedetti ha scoperto la Cattura di Cristo di Caravaggio; e capovolgendo la propria Velocità astrattadi Giacomo Balla, Giovanni Agnelli vi aveva scoperto, sul retro, una Marcia su Roma, forse dipinta per il decennale, richiamando il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Ripulendo una parete del Duomo di Orvieto, è saltato fuori un delizioso ed evanescente Angelo (forse di un’Annunciazione di Simone Martini. 
IL TERREMOTO
Fino ad un caso unico: a Postignano, un borgo di Sellano in Umbria, abbandonato dopo un sisma antico, era stato restaurato un affresco del ’500 nella cappella. Lavoro finito il giorno prima di un nuovo terremoto: quello del 1997. Il dipinto crollò (in parte, è stato ricostruito), e Paolo Virilli, restauratore, si ritrovò davanti, pressoché intonsa, una Crocifissione, predecente di un secolo, sull’abside.
Superfluo ricordare le infinite scoperte che, in Vaticano, ha concesso il restauro della Cappella Sistina: sappiamo molto di più su Michelangelo, e sui braghettoni che sono stati apposti al suo Giudizio; ma restaurando la Sala di Costantino, dipinta dai Giulio Romano e Giovan Francesco Penni, Maria Ludmilla Putka ha ritrovato due dipinti che sono, certamente, del loro maestro: il sommo Raffaello. E sono soltanto alcuni casi: si potrebbe continuare a lungo; il Manet ritrovato è soltanto l’episodio più recente.