Avvenire, 14 giugno 2018
«L’Italia è condannata alla stagnazione con l’euro». Parola di Varoufakis
Yanis Varoufakis è stanco, ma non ha perso la voglia di combattere. Stanco lo è di ripetere, da tre anni ormai, che stiamo continuando a pagare gli errori di un’Europa che necessita di «una rifondazione totale».
A che punto siamo oggi?
Le nostre peggiori profezie si stanno tutte avverando. L’Europa si sta disintegrando, fra i lunghi effetti della crisi economica e i segnali crescenti di xenofobia e razzismo. Va salvata da se stessa: o diventa più democratica o imploderà. Certo non aiutano governi, come quello francese, che puntano il dito sostenendo, a parole, di essere più solidali di altri. A cosa serve? Così si rafforza solo la contrapposizione fra gli stati, anziché cercare vie di cooperazione su un problema umanitario.
Matteo Salvini ministro dell’Interno in Italia cosa rappresenta?
Segna un punto di svolta perché abbiamo un leader politico che, da ministro, orchestra la propria strategia sui migranti per acquisire ulteriore consenso. La formazione di questo governo non mi ha sorpreso, però. La vera sorpresa, per me, è che non ci sia dentro anche Forza Italia. Ma se Salvini ha raggiunto il potere è perché l’establishment europeo, responsabile per le politiche attuate finora, gli ha consentito di farlo, gli ha spianato la strada. La Francia ha rischiato la stessa fine.
E cosa prevede per il futuro?
L’establishment europeo comunque non va a sinistra. Se cadesse questo governo italiano, potrebbe essere peggio. Verrebbe probabilmente un governo ancora più populista. Temo che bisognerà toccare il fondo prima di poter avviare un discorso nuovo. E l’Italia la vedo condannata a un destino di stagnazione, se la zona euro resta quella attuale.
Un ’discorso nuovo’ è quello che Varoufakis, che incontriamo in un hotel, ha tentato di far passare dall’inizio, da quella primavera del 2015 in cui, da ministro delle Finanze nel governo Tsipras, provò a contrastare la crisi del debito greco capeggiando l’opposizione al super-piano di austerità imposto dalla Ue che culminò nella vittoria al referendum popolare, poi ’tradita’ dal premier ellenico (e Varoufakis subito si dimise). Dall’anno seguente, nelle pause dei suoi impegni universitari sta girando l’Europa come una trottola per lanciare ’Diem25’, movimento politico transnazionale che si presenterà alle elezioni europee 2019 (e lui pensa, provocatoriamente, di fare da capolista anche in Germania) e anche a quelle greche, forse anticipate. La lista, che punta ad aggregare diverse realtà di sinistra, si chiamerà in modo significativo ’European Spring’ ed è stata presentata ieri a Milano. In Italia capofila sono, oltre allo storico ’braccio destro’ Lorenzo Marsili, due sindaci cosiddetti ’ribelli’ come Federico Pizzarotti, il fuoriuscito di M5s che governa Parma dal 2012, e Luigi De Magistris, primo cittadino di Napoli.
La «svolta» salviniana può anche essere in qualche modo ’salutare’ per l’Europa?
Per me è totalmente negativa, quello che sta facendo è contrario alla civiltà umana. Non credo che sarà lui a far cambiare le cose. Certo, alcune sue critiche sull’economia sono corrette. Ma ricordate gli anni Trenta? Anche delle affermazioni di Mussolini e Hitler sull’economia erano considerate corrette, tragicamente sbagliate furono però le loro conclusioni. Salvini critica l’Europa perché la vuole distruggere, niente di buono può venire dalle sue tesi.
E cosa pensa dei 5 stelle?
Mi pare che, prima delle elezioni, avessero l’idea di avvicinarsi al centro. E, con il reddito di cittadinanza, cercavano di far presa sugli elettori scontenti. Il problema è che ora stanno in un’alleanza che ha Salvini come motore principale. E Salvini sa benissimo cosa vuole, il Movimento no. Per loro sarà difficile mantenere un’immagine anti-sistema stando al governo.
Con il Movimento ha avuto anche dei contatti in passato. Non ci sono più?
Il mio movimento dialoga con tutti, purché non siano razzisti. Con i 5 stelle, a esempio, possiamo parlare di reddito di cittadinanza, che però va declinato anch’esso in una chiave continentale, non nazionale. D’altronde le vecchie categorie di sinistra e destra hanno davvero meno senso, oggi. Fra i miei amici ho anche dei liberali francesi.
Ma c’è un nesso fra la Ue che non ha saputo dare risposte efficaci alla crisi economica e quella che non sa darle sui migranti?
Certo che c’è. Negli ultimi 20 anni gli italiani hanno perso speranze, il loro reddito pro-capite si è ridotto, i giovani si vedono costretti ad accettare condizioni di lavoro e di vita inferiori. Se avessimo gestito la crisi diversamente, invece, anche questo problema serio dell’immigrazione sarebbe vissuto in altra forma.
Lei e il movimento Diem25 chiedete più investimenti?
Finalizzati. L’Europa, attraverso la Bce, deve emettere obbligazioni per centinaia di miliardi. Da redistribuire nei Paesi europei per un programma di investimenti in infrastrutture, energia ’verde’ e tecnologie ecosostenibili. E da affidare ai sindaci che, come terminali, meglio di tutti conoscono le esigenze dei territori. Anche di quelli, quindi, dove l’immigrazione è più forte. Per non avere più politiche calate dall’alto.
E sull’immigrazione?
La politica dei rimpatri è disumana e inutilmente costosa. Lo dico da anni: vanno aperti canali migratori legali per l’area Schengen, con visti rilasciati nei Paesi d’origine, nei consolati o in strutture apposite, collegati a contratti di lavoro. Per creare una vera alternativa e far arrivare queste persone in aereo, non con i barconi dove rischiano le loro vite.
Perché non lo si è fatto finora?
Perché l’Europa non esiste. C’è la Ue, che è cosa diversa, fatta da tecnocrati che si occupano solo di conti. Non c’è interesse a dare risposte su questo piano, evidentemente. Sin dall’inizio della crisi l’Ue ha minacciato le sue stesse popolazioni, come avvenne in Grecia, si è messa contro la sua stessa anima. Oggi è tutto frammentato. Il fenomeno migratorio è stato letto come un problema dei singoli stati, l’Italia, la Grecia, la Spagna. Non della ’istituzione’ Ue, che infatti è rimasta inerte. E la crisi economica non ha fatto altro che dividere gli stati fra di loro.
Come vede messa l’Italia?
L’esempio più vicino può essere il Giappone: un’economia forte, ma un debito pubblico alto e un sistema bancario in difficoltà. Solo che lì la banca centrale stampa moneta e supporta l’economia, mentre noi siamo legati al Trattato di Maastricht. Per questo l’Italia è condannata a un destino di stagnazione. È questa la ragione fondamentale per cui, dopo che gli italiani hanno provato Berlusconi, Monti e Renzi, il populismo sta crescendo. Nessun governo ha lottato per la necessità di nuove regole. Si è diffusa così l’idea, tossica, che non ci sono alternative al far saltare il progetto europeo. Nell’immediato, comunque, è possibile che l’Italia ’strappi’ qualcosa sui conti, anche per non alimentare il conflitto a pochi mesi dalle elezioni europee.
Una domanda personale, per chiudere. Chi critica il suo impegno in Diem25 le rinfaccia il suo essere benestante...
Non sono povero, ma meno benestante di quanto scrivono i giornali. Io la vedo così: proprio per questo è mia responsabilità da professore universitario, avendo tempo per studiare certi temi, occuparmi di come ridurre le diseguaglianze nel mondo, di come aiutare chi invece nella vita ha tempo solo per lavorare. Nei miei studi ho capito che l’economia non va separata dalla politica e dall’etica. Se separi questi campi, avrai solo una cattiva economia, una pessima politica. E un’assenza di etica.