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 2018  giugno 14 Giovedì calendario

Come gli uomini della moneta sconfissero quelli della spada

Dominio assoluto del denaro, finanza globale, trionfo degli algoritmi. Ma anche bolla speculativa, fragilità della globalizzazione, nuovi sovranismi, terrorismo. Come si tengono insieme simili fenomeni? Quale potenza storica li lega? La risposta a questa domanda la si può cercare negli ultimi dieci anni, come fanno i politologi. Ma anche negli ultimi dieci secoli, come fanno i grandi storici – da Pirenne a Block, da Braudel a Le Goff. Nel suo ultimo libro, L’età della moneta (il Mulino), Rita di Leo si situa decisamente dalla parte di questi ultimi, incrociando la propria competenza sulle relazioni internazionali con uno sguardo genealogico profondo. Al centro del suo affresco la vittoria, apparentemente definitiva, degli “uomini della moneta” su quelli della spada, del lavoro, del libro.
Quella che ci pare oggi un’evidenza – il primato mondiale dell’economia sulla politica e la cultura – è in realtà l’esito di una dialettica complessa che ha visto tali linguaggi di volta in volta allearsi e opporsi, assimilarsi e contrastarsi. All’origine della grande trasformazione, l’espansione dei mercanti che, vendendo merci e armi, cominciano ad affermarsi, liberando gli uomini dai vincoli feudali. In questo passaggio i mercanti usano e si fanno usare dal potere monarchico, loro alleato contro l’aristocrazia fondiaria. Così, ad esempio, nel 1519 i Fugger finanziano l’elezione di Carlo V, ricevendone in cambio prestigio e status. Ma il salto definitivo nella modernità si ha con la rivoluzione industriale, quando allo scambio di merci subentra la produzione di beni.
Benché la genesi sia europea, il suo sviluppo impetuoso è negli Stati Uniti. Nel nuovo mondo, liberi dal passato, gli uomini della moneta danno vita alla rivoluzione manageriale che, attraverso una capillare organizzazione burocratica, si lascia presto alle spalle il primo capitalismo industriale. Ma anche la tradizione culturale europea.
Come intuisce Tocqueville, l’America non ama gli uomini del libro. I suoi eroi non sono letterati ed artisti, e neanche giuristi, politici e statisti, ma Rockefeller, Du Pont e Westinghouse. Con un passaggio spettacolare dalla grande impresa industriale alla deindustrializzazione che tramuta Detroit in una città spettrale. In questo modo gli uomini della moneta, dopo aver fatto uso del potere e accantonato il libro, finiscono per prosciugare anche il lavoro. Per farlo, tuttavia, devono vincere non solo le due guerre calde del Novecento, ma anche la Guerra fredda con l’Unione Sovietica, che proprio sul lavoro aveva puntato le sue carte.
Da allora l’avanzata degli uomini della moneta diventa inarrestabile. Dal piano Marshall a Maastricht il capitalismo – diventato finanziario – conquista il mondo. I nuovi uomini della moneta sono gli artisti degli algoritmi. La “mano invisibile” del mercato è poggiata sulla tastiera di un computer. Il lavoro assume un’altra figura, illeggibile con gli occhiali del capitalismo classico.
Le transizioni finanziarie si moltiplicano senza confini spaziali e temporali. E allora? La guerra degli uomini della moneta è vinta per sempre? Anche se la sua risposta è ambivalente, l’autrice apre uno scenario problematico. Se così non fosse, del resto, non si capirebbero gli effetti perversi di una globalizzazione presto ferita nelle sue ambizioni. Da dove nascerebbero i nuovi nazionalismi, protezionismi, isolazionismi europei e anche americani? Ma un pericolo ancora più fosco viene dalle élite teocratiche islamiche che già con la rivoluzione iraniana scendono in campo contro l’Occidente. Una volta ammessi sui tavoli necessariamente paritari dell’economia, esse si rivolgono contro gli uomini della moneta in una battaglia che adopera proprio ciò che questi si sono lasciati alle spalle: lo scontro tra amico e nemico. Non solo, ma anche il libro. Non è una religione del Libro quella che arma i terroristi impegnandoli alla ricerca di una rivincita globale? Mentre noi abbiamo rinunciato al progetto politico e allo sforzo del pensiero a favore della moneta immateriale della finanza, essi traducono idee sanguinarie in politica di potenza. Nonostante tutto, l’età della moneta non ha ancora chiuso i battenti della storia.