la Repubblica, 14 giugno 2018
L’amaca
Ritrovo in un’Amaca del 1998 (vent’anni fa esatti!) parole che potrebbero essere scritte stamattina. «Chissà se i partner europei intendono affrontare con spirito comunitario la questione dell’immigrazione o preferiscono considerarla il problema interno di un paese sconsideratamente ricco di coste. Naturalmente è più facile trovare un accordo sull’import-export del Camembert che sul contrabbando degli esseri umani. Bisognerebbe, però, che sugli esseri umani le teste d’uovo dell’Unione producessero uno sforzo almeno simile a quello fin qui prodotto attorno al Camembert».Vent’anni dopo, qualche passetto avanti è stato fatto.
Non abbastanza, però, da disarmare il primo Salvini di passaggio, che ha purtroppo nel suo moschetto anche qualche buon proiettile, per esempio quando fa notare ai francesi che no, non hanno brillato per spirito di accoglienza. Certo, la Francia, quanto a melting pot, ci surclassa anche in virtù di un passato coloniale e del conseguente presente post-coloniale, che è multietnico nei fatti prima ancora che nei princìpi. Però insomma, da quanti anni è che si dice in ogni chiacchiera, in ogni convegno, in ogni risoluzione politica, che «l’Europa non deve lasciare soli i paesi mediterranei di fronte all’impatto dei migranti»? Macron vent’anni fa andava al liceo, io lo avevo finito da un pezzo. Dev’essere per questo che ho migliore coscienza di quanto tempo è stato perduto; e quanti danni sono stati fatti a tutto vantaggio dei Salvini, degli Orbàn e dei Le Pen.