la Repubblica, 14 giugno 2018
Il viaggio di Pompeo a Pechino
PECHINO, CINA Mica facile il lavoro del segretario di Stato americano, Mike Pompeo. Prendere le vaghissime promesse della dichiarazione di Singapore e trasformarle in un piano; prendere le inattese sparate del presidente Donald Trump in conferenza stampa e farle digerire agli alleati di sempre. Quanto alla prima parte, oggi il segretario di Stato americano ha provato a dare un orizzonte temporale al processo di denuclearizzazione della Corea del Nord: «Crediamo che la parte principale del disarmo possa avvenire in due anni, due anni e mezzo», ha detto mentre volava a Seul. Cioè entro la fine del primo mandato di Donald Trump. Aggiungendo poi che non tutto ciò che i due leader hanno concordato è stato messo nero su bianco nel testo finale dell’accordo: «Pyongyang ha capito che ci saranno delle verifiche in profondità, ne sono convinto». Si vedrà presto. Quanto alla seconda parte, rassicurare gli alleati degli Stati Uniti, rischia di essere altrettanto difficile. La Corea del Sud e il Giappone sono stati presi di sorpresa dalle parole di Trump, per nulla concordate, su un possibile disimpegno militare americano dalla Penisola: la sospensione delle esercitazioni congiunte con Seul e addirittura il ritiro delle truppe di stanza al Sud. Per i due Paesi, la cui sicurezza nazionale si basa sull’alleanza con Washington, sarebbe un problema enorme e la stampa locale oggi lo ha sottolineato con toni molto critici. In queste ore a Seul (foto in alto) Mike Pompeo proverà a blandire il presidente Moon Jae-in, confortato dalla grande vittoria nelle elezioni regionali, e il ministro degli Esteri giapponese Kono Taro. Lo stop alle esercitazioni militari, tutto sommato, si era già visto in passato. Anche per questo un portavoce di Seul, senza nascondere il fastidio per la fuga in avanti, ha detto che un modo si può trovare, basta «scoprire l’esatto significato delle frasi di Trump». Ma il ritiro delle truppe sarebbe una mossa inaudita e Pompeo dovrà ribadire l’impegno degli Stati Uniti a garantire la stabilità del Pacifico. Le ambizioni di Pechino Un loro passo indietro infatti aprirebbe una prateria di fronte alle crescenti ambizioni di egemonia di Pechino. Ieri la Cina, come era logico aspettarsi, ha subito sposato l’idea di Trump di arrestare i «giochi di guerra». E i quotidiani vicini al regime, come l’anglofono Global Times, si sono spinti a dire che una riduzione delle truppe americane porterebbe la Penisola «fuori dalla Guerra fredda». Domani Pompeo lascerà Seul per volare a Pechino, dove è previsto un incontro con l’omologo cinese Wang Yi. Andare d’accordo almeno con lui sarà facile. Per la Cina l’esito del summit di Singapore, tra la vaghezza della dichiarazione e le sparate di Trump, non poteva essere migliore.