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 2018  giugno 13 Mercoledì calendario

RezzaMastrella: “Sul palco e in tivù ci muoviamo per scardinare regole”

Era da un po’ di anni che in tv non si vedevano i lavori della coppia RezzaMastrella (tutto attaccato: un logo più che la fusione dei loro nomi, ormai). Coinvolti in vari programmi con funzione di ospiti illustri, autori di sketches che irrompevano e rompevano la liturgia televisiva, era però da Troppolitani, stagione tv 1999-2000, che non erano titolari di un programma loro, in cui dare sfogo alla creatività provocatoria e unica che li contraddistingue. 
Troppo innovativi e intellettuali per la tv? Non si direbbe. A teatro i loro spettacoli fanno il tutto esaurito, con un pubblico incredibilmente giovane, complice e divertito, che ride «di pancia» e si fa (letteralmente) trascinare «a corpo morto» in scena. Lui che galoppa per il palco, un corpo spesso messo a nudo senza imbarazzo, giochi di parole, situazioni assurde, vocette strane; lei che lo indirizza creandogli un habitat – oggetti impalpabili che sono come sculture – da interpretare e destrutturare. Persino un’istituzione ufficialissima come la Biennale Teatro ne ha riconosciuti i meriti: il 20 luglio, a Venezia, riceveranno il Leone d’Oro alla carriera. E allora brava e in sintonia con i tempi Rai 3 che ha ovviato, affidando fino al 15 giugno ad Antonio Rezza e Flavia Mastrella non uno spicchietto di palinsesto notturno ma 14 impegnativi minuti nello spazio preserale delle 20.35. Lì va in onda La tegola e il caso. Quando la scena è servita. Un titolo che è un omaggio a La regola e il caso di Munari. «Il caso – spiegano – è il nostro scardinare la quotidianità di sconosciuti; la tegola, il tetto sotto cui veniamo accolti. Demistifichiamo il gioco della macchina della rappresentazione televisiva». Bussano alla porta ed entrano. Lui, con trascinante energia, si esibisce in schegge dai loro spettacoli; lei coordina eventi che non sono pianificabili. «È un viaggio antropologico nell’umanità. Per lo più non ci conoscono. Si aspettano un’intervista e vengono coinvolti in una performance teatrale, prima spettatori e poi attori». Divertiti, stupiti, straniti, travolti malgrado loro. «Scopri energie e reazioni inattese». Tutto vero. Buona la prima, come la volta che invece di «fare spettacolo» Rezza cerca di far ripartire una caldaia in panne. «Siamo per la spontaneità, contro la tv della menzogna». 
Era il 1987 quando si conobbero RezzaMastrella. Lei: «Ero delusa dalle gallerie romane degli Anni 80, non volevo più esporre. Ho incontrato Antonio, mi ha fatto pensare a un nuovo modo espressivo». Lui: «Ci siamo trovati senza volerlo». Poliedrici, non si sono più lasciati: tv, cinema, teatro. «13 lavori che, unici in Italia, abbiamo sempre tutti in repertorio». Per dire: pochi giorni fa all’Elfo di Milano hanno messo in scena Fotofinish del 2003; il 21 giugno saranno a Vimercate con Pitecus del 1995, l’8 luglio a Castiglioncello con Fratto_X del 2012. A Venezia per l’omaggio che dedica loro il Festival porteranno 7.14.21.28, Fratto_X, Anelante: nessuno inedito, il più recente del 2013.
Il ritorno al cinema
«Un premio che un po’ ci spaventa – commenta Mastrella -. Siamo forse diventati istituzionali, noi che ci siamo sempre battuti per la novità e la libertà?». Ma il riconoscimento veneziano, ammette, «può essere un buon punto di partenza per aprire il nostro lavoro a nuove valenze». A quasi cinque anni da Anelante, ora stanno lavorando su uno spettacolo che debutterà a fine del 2019: con calma e molti cambiamenti in mente rispetto a quanto fin qui fatto. «Certamente influirà l’esperienza televisiva». 
Artisti/autori inseparabili in molto, lavorano però anche autonomamente, ciascuno con un suo specifico: lei artista invitata in importanti gallerie d’arte contemporanea, lui scrittore, seppure con dubbi. «Non mi diverto come a teatro. La scrittura è arte meno nobile della performance perché si riesce a prevedere quello che si scriverà». Ammettono l’idea di un ritorno al cinema: debuttarono, dopo molti corti, con il film Escoriandoli alla Mostra del Cinema del 1996. Ma gli ultimi titoli, Milano, via Padova e Valle occupato, del 2012, hanno avuto percorso distributivo accidentato. Essere liberi e «fuori serie» non aiuta. Chissà anche per il cinema questo possa essere l’anno giusto.