La Stampa, 12 giugno 2018
Scajola: «Sono stato assolto per sedici volte. E adesso torno per fare il sindaco»
Il telefono squilla, ininterrottamente. «Tutti mi dicono: Claudio, ripartiamo da Imperia, ripartiamo da te». Claudio Scajola gongola ed è una zampata da vecchio leone, questo primo posto che gli spiana la strada al ballottaggio staccando (e di un bel po’) il candidato del centrodestra ufficiale, quello benedetto dal governatore Giovanni Toti, Luca Lanteri. Il quale elegantemente ammette: «Nell’organizzazione del consenso Claudio è un genio, quando c’era lui nel partito tutto funzionava bene». Chi sogna la resurrezione di Fi si aggrappa anche all’exploit dell’ex ministro e lui incassa compiaciuto.
Va a finire che Berlusconi la chiama per rimettere in piedi gli azzurri...
«Ora voglio diventare sindaco della mia città, non mi interessa altro. Però stamattina ho parlato con Confalonieri ed era felicissimo per me. Berlusconi? Chiamerà, lo conosco, chiamerà...».
A dispetto dei sondaggi di Toti, lei qui ha inceppato il “modello Liguria” del governatore, quello a turbotrazione leghista che già sfiora il partito unico del centrodestra.
«Il sondaggio era una patacca. È una patacca anche il “modello Toti”, sono lieto che nel Ponente ligure, con Ceriale, Alassio, Bordighera e Vallecrosia, si sia detto stop all’affermazione di una persona attraverso un’oppressione delle autonomie».
I rapporti con il presidente della Regione rimangono e rimarranno tesissimi.
«Dal punto di vista istituzionale mai: se dovessi vincere, ci confronteremo col massimo rispetto. Le istituzioni sono di tutti. Però non lo apprezzo. Per come si comporta, per quel che dice, per la facilità con cui insolentisce la gente. Combatto il suo disegno del partito unico del centrodestra e la sua scelta di volerlo imporre con i diktat».
Spera nel divorzio dalla Lega?
«Proprio no. La Lega rimane il nostro alleato, ma noi siamo una cosa diversa. Andare nella direzione del partito unico quando Forza Italia è oggettivamente in difficoltà è una resa senza condizioni. Inaccettabile. Vedevo sui bus la pubblicità del mio sfidante di centrodestra Lanteri con il faccione di Salvini. Ma che senso ha per noi moderati?».
I suoi avvocati hanno definito “un calvario” la sequenza di processi a cui è stato sottoposto. Pensa che la successiva raffica di assoluzioni le abbia portato simpatia?
«Mi sono dimesso da ministro per due volte per non creare problemi all’istituzione che rappresentavo. Sono stato processato 17 volte, rimane un solo procedimento aperto, per 16 volte sono stato assolto. Persino i miei avversari hanno riconosciuto che se uno viene assolto 16 volte consecutive, forse qualcosa non è andato nella maniera giusta».