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 2018  giugno 12 Martedì calendario

I più curiosi per la musica hanno 24 anni

La distanza generazionale tra appassionati di musica non è una novità. Secondo uno studio promosso dalla piattaforma Deezer, però, la frase (alzi la mano chi non l’ha pronunciata o sentita almeno un centinaio di volte) “io le canzoni di oggi non le capisco proprio” avrebbe una spiegazione scientifica. Secondo l’indagine, arrivati a 30 anni si smette di ascoltare i nuovi brani musicali e si rimane fedeli a quello che si è ascoltato nei propri 20.
Il picco di curiosità è fissato a 24 anni, quando il 75% del campione afferma di ascoltare almeno dieci nuovi brani e di scoprire cinque artisti al mese. Gli ultratrentenni dichiarano invece di non avere alcuna voglia di andare a caccia di novità e di ascoltare sempre le stesse cose. I motivi sono diversi: troppa offerta, un lavoro impegnativo, figli piccoli. Secondo Adam Read, music editor di Deezer, «c’è molta buona nuova musica ed è facile sentirsi sopraffatti».Andando oltre i numeri, lo studio offre però spunti di riflessione sul profondo distacco che negli ultimi anni ha diviso i più giovani dagli adulti.
È la certificazione che la mancata comprensione di nuovi fenomeni dipende dalla difficoltà d’interpretazione di chi ascolta e non da un reale scadimento dell’offerta. Capire la realtà che ci circonda, comprenderne i mutamenti e i salti mortali è un’operazione faticosa e non sempre realizzabile. Non è facile accettare che il linguaggio e il gusto della nostra contemporaneità possano essere così diversi da quelli con cui siamo cresciuti. È più facile aggrapparsi a una non ben definita “età dell’oro” piuttosto che cercare di comprendere le rime dei trapper o la malinconia di certi cantautori. Ma se andate a curiosare nella classifica del giugno 1978 scoprirete che nella top 10 dei singoli c’erano Heidi (Elisabetta Viviani), Ufo robot(Actarus), Tarzan lo fa (Nino Manfredi), One for you one for me (Fratelli La Bionda). Puro pop, come oggi. In più c’è il compiacimento di artisti e fan che ambiscono a rendere più violento lo strappo, come è sempre accaduto. In fondo, lo abbiamo vissuto con i Beatles (insultati dai nostri padri), con il punk e la new wave (dai nostri fratelli più grandi), con l’hip hop (quasi da tutti), con i Nirvana e gli Oasis (vedi sopra, tutti insieme). Ovvio che non tutto quello che gira oggi ha spessore e profondità. E come sempre non tutto resterà, o magari qualcosa verrà buono tra vent’anni per qualche nostalgico programma tv.Ma se una parte della musica di oggi sarà in grado di lasciare un segno lo dirà solo la Storia. A Battisti dicevano che non sapeva cantare. Per dire.