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 2018  giugno 12 Martedì calendario

Il buio oltre i missili. Solo una svolta sui diritti riabiliterà Pyongyang

A poche ore dall’incontro fra Donald Trump e Kim Jong-un a Singapore, l’attenzione di tutti è sulle armi nucleari. Ma in ballo c’è altro: la Corea del Nord è il paese più totalitario al mondo. E Trump dovrebbe far capire a Kim che per rendere “moderna” una nazione non bastano licenze di McDonald’s, ma serve l’abolizione della tortura e una certa dose di libertà. Un rapporto delle Nazioni Unite del 2014 descriveva “violazioni dei diritti umani sistematiche e agghiaccianti” in Corea del Nord aggiungendo che da quel punto di vista il Paese “non ha uguali nel mondo contemporaneo”. I nordcoreani mi hanno raccontato che a intervalli regolari la polizia stacca la corrente a interi condomini, bloccando i dvd: per controllare cosa guardavano gli inquilini. Se si tratta di soap opere sudcoreane l’intera famiglia finisce nei campi di lavoro. Nessun altro Paese al mondo usa tecnologia, polizia e propaganda per controllare un popolo con tale inflessibilità. Durante le mie visite in Corea del Nord iniziate nel 1989, rimasi di sasso notando che sulle pareti di ogni edificio c’era “l’altoparlante” che trasmetteva propaganda: «Sul campo da golf il leader supremo ha mandato la palla in buca 5 volte con un tiro, dopo aver ottenuto 300 punti al bowling. I belligeranti e banditeschi americani commettono crimini in costante aumento, in combutta con i loro spregevoli tirapiedi, le loro marionette della Corea del Sud. Per festeggiare l’assennato governo del Partito dei Lavoratori, una oloturia bianca magica si è lanciato di sua iniziativa nella rete di un pescatore». Negli anni 90, quando il Paese patì una terribile carestia, l’emittente di stato esaltò i benefici delle diete e «Mangiamo solo due volte al giorno!» divenne uno slogan nazionale e fecero un documentario su un uomo che aveva mangiato tanto riso da esplodere. Radio e tv possono sintonizzarsi solo su emittenti nordcoreane. Al mercato nero si trovano tecnici capaci di armeggiare con dispositivi per ricevere stazioni sudcoreane o cinesi, ma possederne uno può costare all’intera famiglia i lavori forzati. Si dice che nei campi di lavoro ci siano circa 100 mila persone. «Io sono del parere che le condizioni di vita nei campi di lavoro nordcoreani siano dure ed efferate come nei campi nazisti» ha detto Thomas Buergenthal, sopravvissuto ad Auschwitz, oggi parte di un gruppo di investigatori che monitora le prigioni nordcoreane per l’International Bar Association. Io credo che bisognerebbe dare priorità alla questione nucleare, ma non dobbiamo sottrarci alla pretesa di migliorare i diritti umani, nel timore che, fallito quel dibattito, le trattative non vadano a buon fine.
Credo anche che Trump può e deve spiegare a Kim che il suo regime non otterrà mai rispetto incondizionato a meno di fare passi avanti sul fronte dei diritti umani e rendere conto dei cittadini giapponesi rapiti. «Mi aspetto che Trump solleciti con vigore Kim Jong-un a risolvere la questione dei rapimenti dei giapponesi» ha detto Takuya Yokota, la cui sorella Megumi fu rapita nel 1977 a 13 anni, mentre tornava a casa da scuola. La Corea del Nord ha ammesso il rapimento ma ha affermato, in modo poco credibile, che la ragazza si è suicidata. Robert Gallucci, che negoziò il Trattato del 1994 con Pyongyang ha ammesso che per il momento il nucleare è la questione più scottante, ma ha aggiunto anche che «per far andare in porto il processo di normalizzazione si dovrà affrontare la questione dei diritti umani». Robert Malley dell’International Crisis Group dice invece che «se l’obbiettivo nordcorano è porre fine alle sanzioni Usa e normalizzare le relazioni bilaterali, allora dovrebbero sapere che non otterranno nulla se il regime continuerà a trattare i suoi cittadini come fa ora». Nel corso degli anni ho parlato di diritti umani per ore con funzionari nordcoreani. Erano disposti a discuterne a patto di non esservi costretti, di non essere trattati con sufficienza e di essere ascoltati. I nordcoreani sono più disposti a parlare di queste problematiche.
La prima volta che visitai il Paese, le autorità negarono l’esistenza di campi di lavoro forzato o prigioni.Oggi lo ammettono, ma sostengono che le notizie che circolano in Occidente su abusi e maltrattamenti sono esagerate.Faccio però un esempio: la nascita di tre gemelli è considerata di buon auspicio e i bambini affidati allo Stato per essere allevati. Per me si tratta di coercizione. Le autorità invece dicono che i genitori sono onorati di far crescere i loro gemelli dal regime. C’è anche qualche segnale positivo: in passato Pyongyang maltrattava i disabili, l’anno scorso ha autorizzato un rappresentante speciale dell’Onu a effettuare un sopralluogo. Trump potrebbe incoraggiare Kim ad accettare sopralluoghi della Croce Rossa nei campi di lavoro, o a liberare familiari di chi è stato condannato. Si tratta di questioni spinose. Non vogliamo complicare le trattative sul nucleare. Tuttavia non dimentichiamo che la Corea del Nord non è uno stato nucleare qualsiasi: in gioco non ci sono solo testate ma anche vite umane.
© 2018 New York Times News Service