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 2018  giugno 12 Martedì calendario

Tevez non ha paura: «Vai Argentina, Messi è arrabbiato Non falliremo»

L’Apache non fa l’indiano. «L’Argentina è favorita, solo Germania e Brasile sono al nostro livello, il Mondiale ce lo giochiamo con loro». Giochiamo, usa il plurale Carlos Tevez, come fosse una questione che lo riguarda direttamente. Invece in Russia non ci sarà. Niente Selecciòn, neanche stavolta, come fra l’altro già era avvenuto in Brasile quattro anni fa. Scelta ampiamente prevista quella del c.t. Sampaoli, sulla quale in realtà pochi dalle parti di Buenos Aires hanno avuto da dire. L’unico a indignarsi è stato Diego Maradona, con la consueta teatralità: «Carlitos deve esserci perché dentro ha il sacro fuoco». Ma pure qualche acciacco e anno di troppo, 34.
Il ritorno al Boca in gennaio dopo il remuneratissimo autoesilio cinese non è stato entusiasmante, naturale restasse in coda alla fila. «Le partite le guarderò da Los Angeles, con i piedi nella sabbia, ma col cuore sono là, con gli amici e i figli. Noi diciamo: argentino un giorno, argentino sempre».
Deluso però un po’ sì?
«Ci ho sperato, ero tornato al Boca dalla Cina per quello, poi però ho avuto una lesione muscolare e lì ho capito che non ce l’avrei fatta. Sento l’età che passa, recuperare diventa sempre più lento. E poi mica possiamo andarci tutti al Mondiale, no? Guardate Icardi».
Ha fatto bene Sampaoli a non convocarlo?
«Mauro è forte ma la concorrenza enorme. Dybala e Higuain non potevano mancare, mi aspetto un grande Mondiale da entrambi». 
Non ci sarà nemmeno Lautaro Martinez. 
«Que jugador, che giocatore. Impressionante. Ha fame, cattiveria, tecnica. Mi ricorda me qualche anno fa. Dei giovani argentini è il migliore in assoluto. E può diventare ancora più forte. L’Inter ha fatto un affare a prenderlo, vi farà impazzire».
Messi sentirà il peso di essere all’ultimo Mondiale?
«Non credo sarà l’ultimo. Dovremmo tenercelo stretto invece di chiederci ogni giorno se è il migliore di sempre o no, quelle sono scemenze. Non rinascerà molto presto uno così. Ma sono sicuro che questo sarà il suo Mondiale, ha molta rabbia in corpo anche se non lo dà a vedere».
L’Italia invece dopo 60 anni non ci sarà. Sorpreso?
«Seguo tutte le partite alla tivù e ho la stessa sensazione di quando giocavo da voi: vi manca il potrero, il campetto, i ragazzini sanno tutto di tattica ma la palla non la toccano bene. In Argentina si gioca ancora per la strada, la differenza sta lì. Guardate Pirlo: non è all’accademia che s’impara a giocare così».
Eppure quest’anno il campionato italiano sembra in crescita. 
«La Juve però è sempre davanti a tutti anni luce, il settimo scudetto non mi ha sorpreso, non ho mai creduto molto alla vittoria del Napoli. La Juve cambia giocatori ma resta fortissima. Ha una mentalità vincente, unica». 
È vero che Buffon al Boca era una sua idea?
«No, io non c’entro. Però Gigi lo capisco, se hai giocato a pallone tutta la vita smettere non è facile. Io faccio ancora un anno e poi smetto, sento che sto finendo la benzina e sto bruciando olio, come diciamo noi. Bisogna capire quando si è in riserva, sennò si fanno brutte figure. Prima però vorrei vincere la Libertadores, lo devo alla gente del Boca. La strada è ancora lunga, agli ottavi affrontiamo i paraguaiani del Club Libertad (ad agosto, ndr) ma l’obiettivo è la Coppa».
Poi cosa farà? Gira voce le abbiano chiesto di entrare in politica.
«A fine 2019 col calcio smetto, questo è deciso. Ho un ottimo rapporto col Presidente della Repubblica (ed ex presidente del Boca, ndr) Mauricio Macri però di politica non ci capisco niente, dove sono cresciuto non si parlava di questo. Mi pacerebbe diventare presidente del Boca, ma è una cosa che vedo lontana».