Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  giugno 12 Martedì calendario

«La nostra auto solare consuma come un phon»

Dalla via Emilia al West, storia di un fantasioso e talentuoso gruppo, circa una sessantina di persone, che una trentina d’anni fa gareggiava con i «carretti» (i bolidi fatti in casa assemblando rottami di ogni genere, da passeggini rotti a bici inservibili) buttandosi a tutta velocità per le discese attorno a Castel San Pietro, nel Bolognese. E che tra un mese circa parteciperà alla più importante gara mondiale per auto solari, l’American Solar Challenge 2018, portando sulla griglia di partenza un bolide interamente «made in Italy», progettato e costruito mescolando artigianato e il meglio di ciò che possono proporre scienza e tecnologia italiane. 
Capace di sfrecciare a una velocità massima di 110 chilometri orari consumando l’energia di un asciugacapelli, «Emilia 4» – questo il nome della macchina che tutto sommato potrebbe sembrare una vettura familiare da quattro posti ma dalle linee grintose e assai aerodinamiche – è stata presentata ieri nel tempio dell’automobilismo tricolore, il museo Ferrari di Maranello. «Complimenti ragazzi, questo è un grosso passo. E ricordatevi che è importante partecipare, ma è anche importante vincere», è stato l’incoraggiamento di Piero Ferrari, il figlio del Drake e vicepresidente del Cavallino.
Davanti a lui lo strano team di sognatori, tutti emozionatissimi: studenti da poco entrati in squadra, professori universitari, pensionati, imprenditori. C’è persino un vigile del fuoco, Marco Scalorbi, storico meccanico di questa scuderia – che si chiama «Onda Solare» – e disegnatore, per «Emilia 4», di innovativi freni in carbonio. Poi gli altri nomi: Mauro Sassatelli, quello che da adolescente organizzava le gare di «carretti» e che ora è titolare di una piccola azienda che produce autoclavi. Non manca un ottantenne, Adolfo Dondi, in grado di far spuntare dal suo tornio ogni pezzo che risolve le emergenze impreviste. Ruggero Malossi, impiegato al comune di Castel San Pietro, sarà al volante di «Emilia 4» durante i sei giorni di gara: una sfida lunga 3.460 km, dal Nebraska all’Oregon.
Anche se la corsa si svolgerà a una velocità media di circa 60 chilometri orari, non è affatto semplice ricordarsi di complicati calcoli ed equazioni che assommano percorsi, la capacità di ricarica delle batterie e persino il peso di chi sta nei quattro posti dell’abitacolo. Non è detto infatti che per trionfare basti tagliare per primi il traguardo. Può bastare un piazzamento al secondo o terzo posto – è la sintesi di un lunghissimo regolamento di gara – a patto di caricare più persone in auto. Per questo c’è anche un gruppo di giovanissimi «tattici», come Gabriele Rizzoli, dottorando a Bologna, chiamato a dare istante per istante i suggerimenti giusti, badando anche a considerare il bollettino meteo costantemente aggiornato da Epson, con un software ad hoc, per la scuderia italiana. «Sapere se durante il tragitto s’incontrerà tempo sereno o nuvoloso è decisivo per la ricarica delle batterie solari», spiega Cristiano Fragassa, «project manager» dell’impresa e ricercatore all’Università di Bologna.
Proprio attorno all’ateneo «Alma mater» ruota ogni cosa: laboratori, tecnologia, idee, sovvenzioni, la capacità di attrarre sponsor tra cui Enel Green Power, Avio, Regione Emilia-Romagna. Il budget di«Onda Solare» si aggira attorno ai due milioni di euro: niente a confronto di quelli della maggior parte delle 29 scuderie rivali di «Emilia». Ci sono le maggiori università giapponesi, americane e tedesche sostenute da nomi come Panasonic, Toyota, Yamaha, Ford e alcuni progetti sono arrivati a costare oltre venti milioni di euro. 
Dalla parte di «Emilia» – due motori elettrici montati dentro alle ruote alle batterie al litio di ultimissima generazione – ci sono però fantasia e talento. «Abbiamo montato tecnologie che sviluppiamo quotidianamente per le applicazioni rivolte al settore industriale» spiega Claudio Rossi professore al dipartimento di Ingegneria dell’energia elettrica e leader del team di progettisti assieme a Giacomo Minak, docente di Progettazione meccanica. Ma un pronostico? Il team manager Stefano Maglio è di poche parole: «Rappresentiamo l’Italia. Daremo tutto».