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 2018  giugno 10 Domenica calendario

La Gran Bretagna resta senza ragazze alla pari per la Brexit

Quella dell’au pair è una pratica molto vecchia in Europa. Permette da molto prima dell’Erasmus a ragazze, ma anche ragazzi, di fare un’esperienza all’estero, vivendo con una famiglia per cui si svolgono alcuni lavori, solitamente badare ai bambini, in cambio di ospitalità e di un po’ di soldi. Questa pratica è molto diffusa nel Regno Unito, dove le famiglie la utilizzano per avere un aiuto in maniera economica, e dove la richiesta di partecipazione è molto alta in quanto è la meta migliore per imparare l’inglese. O meglio era molto alta perché negli ultimi due anni il numero dei giovani disposti a venire in Gran Bretagna è crollato del 75%. La causa principale è la Brexit, i ragazzi percepiscono il Paese come ostile agli immigrati, e l’incertezza legislativa che si prevede per il futuro non aiuta a migliorare la situazione. 
L’estate è il periodo in cui avvengono la maggior parte degli scambi alla pari, ma secondo il «Guardian» diverse agenzie non sono in grado di trovare un solo europeo per le famiglie britanniche. «Di solito piazziamo una gran quantità di tedeschi, ma finora ne abbiamo avuti forse tre. Solitamente arrivano in massa, ma non quest’anno. E anche gli italiani stanno optando sempre più per andare in Cina», ha spiegato al giornale Maggie Dyer, che gestisce la London Au Pair & Nanny Agency. «Al momento ho 78 famiglie alla ricerca di una ragazza alla pari, e direi che il 50% di queste famiglie non sono in grado di fare un colloquio a nessuno perché non trovato i candidati», ha raccontato invece Rebecca Haworth-Wood, la presidente della British Au Pair Agencies Association, l’associazione che riunisce le agenzie del settore e che ha denunciato il crollo del 75% nelle candidature dopo il referendum sulla Brexit del 2016. La mancanza di ragazze alla pari sta mettendo in difficoltà non poche famiglie e si stanno moltiplicando le iniziative per chiedere al governo di intervenire. È stata anche lanciata una petizione su change.org, indirizzata all’esecutivo di Theresa May e ai vertici di Bruxelles, che in tre settimane ha raccolto oltre 20mila firme. La petizione denuncia il fatto che «al momento sembrano non esserci alcun piano sul tema nei negoziati per la Brexit», e chiede di trovare una soluzione per evitare che «il più antico, il più semplice e il più efficace programma di scambi culturali tra il Regno Unito e i Paesi dell’Ue debba arrestarsi».