Robinson, 10 giugno 2018
Si può prevedere scientificamente il risultato delle partite di calcio?
Le strepitose – benché inutili – rimonte compiute da Roma e Juventus in Champions, gli enigmi del Mondiale che sta per cominciare ripropongono in tutta la sua complessità il dilemma di questo gioco: scienza o arte? Logica o immaginazione? Disciplina o follia? Proprio per cercare di rispondere a tali domande, un gruppo di universitari ha realizzato uno studio sperimentale decisamente bizzarro, riguardante l’applicazione al calcio di algoritmi di intelligenza artificiale. Responsabili del progetto, due team: uno del Dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Firenze ( con Marco Sciandrone, Leonardo Galli, Giulio Galvan, Tommaso Levato), l’altro del Dipartimento di Ingegneria civile e Ingegneria informatica dell’Università di Roma Tor Vergata (con Veronica Piccialli e Chiara Liti). Ma facciamo un passo indietro.
Esiste ormai un’ampia bibliografia scientifica dedicata ai rapporti fra sport e intelligenza artificiale. Quest’ultima espressione sta a indicare un insieme di metodologie, tecniche e algoritmi per l’analisi automatica e la previsione di fenomeni descritti da dati storici che rappresentano l’esperienza “pregressa” (come appunto un insieme di partite registrate). Negli ultimi due decenni si sono sviluppate in ambito accademico molte ricerche volte allo studio di modelli predittivi e di algoritmi per l’estrazione automatica di informazioni da pacchetti di dati di ogni genere. Come ha scritto Luciano Floridi nel saggio La quarta rivoluzione, “l’infosfera sta trasformando il mondo”. Parallelamente, l’immensa mole di materiali, collezionata praticamente in ogni campo, è diventata sempre più preziosa – come ha mostrato, in ultimo, lo scandalo dei profili Facebook finiti nelle mani di Cambridge Analytica.
Quanto all’indagine universitaria sull’andamento delle partite di calcio, il lavoro ha preso le mosse dal più infantile fra gli interrogativi: è veramente “giusto” il gioco del football? In attesa del giudizio che una rivista internazionale del settore sta per emettere sull’articolo in questione, è già possibile abbozzare un bilancio sommario. Prendendo in esame migliaia di partite finite senza pareggi, i ricercatori hanno iniziato cercando di “addestrare” l’algoritmo, in modo da consentirgli di individuare la squadra vincitrice. Per fare questo, gli sono state fornite tutte le indicazioni necessarie, ad esclusione dei gol. L’obiettivo consisteva cioè nel saggiare la capacità dell’intelligenza artificiale di individuare la squadra vincitrice della partita, utilizzando esclusivamente informazioni legate al gioco delle due squadre. Dunque, senza conoscere le compagini e senza sapere quale giocava in casa, l’algoritmo ha emesso la sua sentenza unicamente su ciò che ha “visto” attraverso una serie di fattori predefiniti. Ebbene, l’accuratezza delle risposte è stata sorprendente.
Il punto di partenza è stato provare a descrivere una partita di calcio in relazione a 120 caratteristiche (60 per squadra): tiri in porta, percentuale di possesso palla, posizione, media baricentro, palle recuperate, passaggi indovinati, passaggi sbagliati, cross, tiri, posizione media del baricentro e via dicendo. In sostanza, si voleva provare a calcolare fino a che punto il risultato di una partita di calcio potesse costituire una “equa” conseguenza delle prestazioni offerte dalle due squadre. E chi poteva farlo meglio di un osservatore neutrale e spassionato come un algoritmo? Questo procedimento formale, infatti, non conosce il valore delle due squadre, non conosce i giocatori, non conosce il fattore campo, ignora le azioni in cui ci sono stati i goal, ed esprime il suo parere soltanto sulla base di quello che vede nel rettangolo di gioco per i novanta minuti… Così, sulla base di 8.400 partite del campionato italiano e di altri campionati esteri finite senza pareggi, i verdetti forniti dall’algoritmo sono stati confrontati con i quelli effettivi, scoprendo che essi coincidevano nell’87 per cento dei casi. Non solo: limitandosi a partite terminate con almeno due gol di scarto, la percentuale sale addirittura al 92 per cento!
Una conclusione del genere si rivela molto interessante, in quanto conferma che, a partire da alcuni parametri prestabiliti, esiste un margine di incertezza del 13 per cento. Il che ci permette di affermare che nel calcio regna quindi una qualche “giustizia” di fondo, rispetto alla quale il gioco lascia comunque spazio vuoi alle invenzioni di un fuoriclasse in grado di ribaltare una partita, vuoi agli errori umani, dell’arbitro o dei giocatori. Insomma, a seconda di come si giudichi l’esito della ricerca, possiamo vedere nel football il prodotto di una legge razionale o la manifestazione di elementi imprevedibili. Meglio ancora: una perfetta miscela fra le due componenti.