la Repubblica, 10 giugno 2018
Che ci faccio qui?
Deve avere una psiche d’acciaio, questo Giuseppe Conte, per reggere una parte così importante, e così improvvisa, con apparente tranquillità. Oppure, al contrario, una psiche gassosa, che si lascia attraversare dagli eventi senza opporre resistenza.
Incarna perfettamente il mistero (inquietante, ma anche affascinante) dell’avventura grillina: catapultare al potere chiunque, e per qualunque ragione o pretesto o autoinganno, come se chiunque potesse davvero essere in grado di esercitarlo, il potere. Chi non fa parte di quella partita può solamente immaginare il groviglio di pensieri e di pulsioni che l’ha generata: da un coraggioso «ce la posso fare anche io» a un delirante «il mondo è sempre stato governato da cretini, ora per fortuna arrivo io». Da un servizievole «c’è bisogno di me», a un ridicolo «finalmente si sono accorti che solo io posso sistemare le cose». Nessuno, dall’esterno, è in grado di capire se la vera anima di questo sommovimento sia il fondamentalismo democratico (uno vale uno al punto che chiunque può fare il premier) o un vaniloquente sbocco di spocchia che si sprigiona da teste mediocri come rimedio all’anonimato. Nessuno può dirlo, nessuno può saperlo, la sola speranza è che almeno loro, in un accesso di introspezione, se lo chiedano. Ovvero che Conte, strette le mani dei potenti della Terra, nel buio del suo letto d’albergo, a occhi spalancati, si domandi sul serio: che ci faccio io qui?