Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  giugno 09 Sabato calendario

«Il tango per gay? Sì, purché nella coppia ci sia uno che guida»

L’occhiata ti inchioda da lontano, puoi rispondere con uno sguardo te parere (sembra un sì ma è un no) o con un no te parere (un no che è anche è un po’ sì. Una porta socchiusa). Se funziona l’intesa, iniziano le danze e lo sguardo si fa diretto, vicino, vicinissimo. Un pozzo di emozioni. Le racconta inTe siento – il linguaggio segreto del tango e l’arte della coppia
(DeA editore) Miguel Àngel Zotto, l’uomo che in Argentina è considerato uno dei tre migliori tangueri di sempre. «Il tango è un inno alla vita – dice Zotto che ha scritto il libro con la moglie Daiana Guspero – altro che pensiero triste che si balla. È nostalgia che conduce a una riflessione profonda e sentimentale, un ritorno all’essenza dell’uomo e della donna». E il tango queer importato dalla Germania, la nuova filosofia no-gender?
«Oggi c’è una grande libertà, a Buenos Aires si tiene un Festival gay e in origine era danzato da coppie di uomini, ma chiunque siano i ballerini va rispettato il codice: c’è chi dà l’impulso (ruolo maschile) e chi risponde (ruolo femminile)».L’altro mito, la proiezione verticale di un pensiero orizzontale, resta: «Nel tango si balla uno contro l’altro, dai piedi alla testa. Senti tutto: il respiro, il battito del cuore, il sudore. E c’è l’abbraccio, intenso, unico tra tutte le danze. Se non ci parliamo, ma balliamo bene, il corpo sa come potremo andare avanti».
Erotica e appassionante, per Zotto, risveglia il rapporto di chi è sposato da tempo e può innescare nuove relazioni. «Nei balli di sala, dalla salsa al rock, i movimenti sono separati e indipendenti, ma è diverso comunicare con un corpo a corpo a due, occhi negli occhi. Ìl motore del tango è l’ocho ( l’otto) è i da lì si improvvisano le figure. Con questo passo, la donna gira con il bacino intorno all’uomo con una torsione nel punto vita. A noi latino americani, si vede anche nel calcio, viene naturale per le nostre radici “nere”. Gli europei sono più bloccati, soprattutto le donne, penso per una questione culturale e religiosa che ha inibito a lungo una libera espressione della propria sensualità. Il bello del tango è che riesce tirare fuori carica seduttiva e femminilità. Per alcune è una riscoperta, per altre una rivelazione».
Con passo leggero, Miguel Àngel Zotto ha attraversato 40 anni di tango. Le origini sono da cliché: il nonno emigrato da Campo Maggiore in Basilicata: «Lui e mio padre erano imbianchini, io muratore. Mio zio Gaucho, un tipo popolare nel quartiere, girava in sedia a rotelle con i colori del Boca, era in fissa con Gardel. Pochi soldi e lavoro duro, ma in casa bastava un bandeon o un disco, e partivano le danze. Quando ho iniziato a frequentare lemilonghe, il tango era démodé, roba per vecchi, poi con la democrazia tutto è cambiato». Per rilanciarlo tra i giovani, il musical Tango Argentino ebbe l’intuizione di esportarlo in Europa e a Brodway con musica dal vivo, coreografie e i ballerini più famosi. «Sono entrato nella compagnia nell’ 85, negli Stati Uniti vennero a vederci tutti, persino Marta Graham, l’attrazione era un tanguero che pesava più di 120 chili, ma che stile». Tre anni dopo, Zotto crea la sua compagnia, Tango X 2, di cui è anche coreografo e regista. Innova, creando una storia e, per la prima volta, unendo ballerini come lui di formazione popolare, a ballerine classiche e contemporanee». Da qualche anno si è trasferito a Milano (l’Italia è il paese che lo balla di più dopo l’Argentina) dove ha fondato con la moglie la Zotto Tango Academy. «Il tango è la mia esencia, l’antidoto alla solitudine da social. Puoi essere giovane o vecchio, con la pancia o magrissimo, l’importante è imparare a esprimersi».