Libero, 26 maggio 2018
Intervista a Boncinelli
Conviviamo con il progresso, in una continua evoluzione che quotidianamente reinventa il presente e ipotizza il futuro dell’uomo. E c’è chi indaga sul tema, come Edoardo Boncinelli, genetista italiano di fama mondiale, docente alla facoltà di filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Laureato in fisica con una tesi sperimentale in elettronica quantistica, è poi approdato alla biologia. Infatti ha guidato per quarant’anni laboratori di ricerca in biologia molecolare dello sviluppo, ed è autore di sessanta pubblicazioni ad amplissimo spettro. Ma non è l’indiscutibile autorevolezza la prima percezione che avvertirete in lui, è la sua curiosità infinita che esercita su ascoltatori e seguaci, affascinandoli, ma anche divertendoli, non escludendo se stesso. Ed anche per questo ha deciso di diventare il primo divulgatore delle sue teorie scrivendo libri. Lo spunto per un’intervista viene dal suo ultimo saggio Un futuro da Dio (sottotitolo Così il progresso dei sapiens conduce verso l’immortalità), Rizzoli editore, pag.155, euro 18. Il libro affronta interrogativi non da poco: che cosa significa esattamente il progresso oggi? Ci stiamo evolvendo verso una sempre più forte libertà o implodendo nella catastrofe? Forse siamo bloccati nel processo evolutivo dai nostri bisogni materiali? Si sa, l’egoismo della nostra civiltà è notevole. «Per arrivare a una conclusione valida bisogna partire dall’interrogativo fondamentale», afferma Boncinelli. Vale a dire, professore? «Si parte dall’interrogativo che ci tormenta tutti, cioè “chi siamo e da dove veniamo?” È il principio stesso della verità. Arriviamo dalle stelle. In qualche remoto angolo dell’universo i corpi luminosi e i pianeti si fusero nelle rocce, e dove c’era l’acqua arrivò la vita». Si allinea alla teoria secondo la quale furono le comete a lasciar cadere sulla terra il Dna della vita? «Non completamente. Di certo le comete dal nucleo hanno depositato l’acqua. Accadeva quattro miliardi di anni fa. E poi noi saremmo arrivati insieme alle scimmie...». Ma siamo andati oltre... «Sì, il processo evolutivo ha fatto sì che che il nostro cervello da quattro etti arrivasse a pesare un chilo e mezzo, e infine che il linguaggio ci rendessi diversi dagli orangutan e dagli scimpanzè, acquisendo un enorme potere creativo, capace di andare oltre ciò che materialmente vediamo intorno a noi. Anche noi siamo animali, ma con un cervello più articolato. Quello che ci rende capaci di socializzare o cercare un compagno». Lei è lo scopritore di alcuni geni omeotici dell’uomo, paragonabili ad architetti che progettano lo sviluppo dell’organismo. Quindi c’è qualcosa in noi che è precostituito dalla nascita? «Diciamo che non siamo una tabula rasa. Abbiamo “visioni implicite” in noi che ci derivano da anni di evoluzione dei progenitori e influiscono sull’aspetto, le inclinazioni, la salute, persino il carattere. Tutto dipende dal genoma, che è un insieme di molecole di Dna, contenenti le informazioni necessarie alla nascita, la crescita e la riproduzione dell’organismo». È anche quello che ritroviamo nelle somiglianze con i nostri nonni. Quale peso ha non solo nel fisico, ma anche nel comportamento? «L’eredità genetica influisce del 40% sull’individuo. Il resto è determinato dall’educazione, dall’ambiente in cui siamo cresciuti». In questo contesto, lei che cosa ne pensa del libero arbitrio? Dobbiamo davvero solo a noi stessi i risultati della nostra esistenza? Oppure conta anche il destino? «Le concedo tre componenti che insieme sono determinanti: i geni, la biografia, e il caso. Non riconosco il destino, ma la casualità sì». La conclusione sul nostro progresso in continuo fermento, dal quale siamo partiti? «Le cito la riflessione che chiude il mio libro. Siamo ancora lontani da una frenata o anche solo da una flessione fisiologica. Ma non troppo. Anche se non possiamo immaginare un mondo in cui il progresso si è fermato...Nessun altro animale vive questo nostro cammino verso la libertà, ma noi siamo animali particolari. Certo il lato negativo di questo progredire è che non sappiamo dove andiamo. Se però non insistiamo, se ci togliamo il divertimento di non sapere dove siamo diretti, allora ci tarpiamo le ali e rinunciamo a ogni capacità di sognare. D’altra parte siamo polvere, è vero, ma polvere di stelle. Con la testa fra le stelle». riproduzione riservata