la Repubblica, 26 maggio 2018
Curriculum
apparire che chiamiamo curriculum Q uando abbiamo cominciato a scrivere i curriculum? Non intendo nel passato remoto, dato che il termine ( curriculum vitae et studiorum) è antico; rimonta almeno alla fine dell’Ottocento, quando venivano scritti a mano. Bensì nel passato prossimo, poiché da un certo punto in poi hanno cominciato a circolare con grande frequenza. Tutti compilavano e spedivano curriculum, in particolare i giovani. Da quando c’è il web, verrebbe da rispondere, da quando esiste il formato elettronico. O da quando è stato varato il curriculum in formato europeo, ovvero da quando gli studenti hanno cominciato a compilarlo per accedere al programma Erasmus. O ancora: da quando la ricerca di un lavoro è diventata, sempre per i giovani, una necessità oltre che un obbligo. E allora tutti a scrivere curriculum (o curricula, la discussione alla Accademia della Crusca è stata ampia). Nel foglio vanno messi i dati personali, ora diventati “sensibili”, l’istruzione, le esperienze di lavoro, le lingue conosciute, le esperienze formative e altre su eventuali attività extraprofessionali. Quello europeo suggerisce di inserire «capacità e competenze personali», ma anche «relazionali, organizzative e tecniche»; e persino i «brevetti pubblicati». Da quel momento è avvenuta una vera e propria esplosione di questo “oggetto”. Qual è la filosofia del curriculum? L’autocertificazione, prima di tutto. Io dico che ho fatto questo e questo; che so questa e quell’altra lingua straniera; che ho studiato all’estero, in questa o in quella università (americane in particolare e magari titolate). Chi controllerà la veridicità dei dati? Chi ci assume prima di tutto, dal momento che i curriculum sono la premessa a colloqui e qualche volta ad esami. Lì non si può mentire troppo. Al secondo posto nella filosofia del curriculum c’è poi l’autopromozione. Come rendere conto delle proprie capacità e competenze? La parte del curriculum europeo lascia spazio alla fantasia dei candidati. C’è chi cerca di mostrare di aver svolto lavori “umili” in bar, pizzerie o negozi, o stage nei più disparati luoghi del mondo e in ambiti che possano dare la sensazione di essere una persona disponibile, brillante, magari multitasking. Qualcuno cerca di essere originale, ovvero di colpire il destinatario del curriculum, di emergere tra le decine o centinaia di ragazze e ragazzi che l’hanno spedito via internet. Come fare? L’autopromozione è un’arte difficile. Pensate a cosa è capitato all’avvocato Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio designato? Tra l’autocertificazione e l’autopromozione ha prevalso la seconda. Non è l’unico, perché farsi notare è un’arte in cui non tutti sono versati, se poi, alla fine, curriculum o no, cercano di apparire per non scomparire. Un impegno non da poco.