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 2018  maggio 26 Sabato calendario

La Calderon vuole la Formula 1

Dalla nostra inviata MONTECARLO Tatiana corre veloce. Vuole la Formula 1, la signora Calderon. Potrebbe essere la prossima donna del Circus dopo l’ultima in gara: Lella Lombardi nel 1976. Colombiana di Bogotà, 25 anni, ha rinnovato per il secondo anno con l’Alfa Romeo Sauber dove è stata promossa test driver. Gareggia da tre anni nella Gp3, ora è con il team Jenzer. È a Montecarlo a guardare il futuro da vicino. «I miei compagni di squadra Charles Leclerc e Marcus Ericsson mi fanno da Ciceroni». Ma lei sa bene dove andare. «Non lo nascondo: sogno la Formula 1. Ma non ho fretta, le occasioni ci saranno, bisogna solo essere pazienti. Voglio dimostrare che sono all’altezza di competere nella serie maggiore». Obiettivi della stagione? «Combattere per il podio e arrivare a punti in modo continuativo in Gp3. È la porta che ho bisogno di aprire». Quanto è difficile per una donna in un mondo così maschile? «Mi piacerebbe dire che non cambia niente se sei una ragazza. Invece non è ancora così purtroppo. Per una donna è molto impegnativo a cominciare dalla forza fisica: nelle serie minori non c’è il servosterzo, il volante è molto duro e le ragazze hanno una massa muscolare del 30 per cento inferiore a quella degli uomini, quindi devono allenarsi molto di più». Solo questo? «Devi guadagnarti il rispetto dal tuo team perché loro in genere non si aspettano niente da una donna. Ti devi mettere alla prova ogni volta, più degli altri. E anche in pista è la stessa cosa: ci sono ragazzi che non gareggiano più con me, ma si ricordano perfettamente il momento e il punto esatto in cui li ho superati o battuti in passato». Ma la mentalità femminile porta qualche vantaggio in auto? «In genere abbiamo un’ottima sensibilità al volante e una visione della gara a lungo termine, mentre i ragazzi in genere spingono sull’acceleratore senza guardare molto avanti. Questo nelle gare lunghe come in F1, conta». Come ha iniziato? «A 9 anni seguendo mia sorella Paula che ha 8 anni più di me al circuito di kart a Bogotà. Me ne sono innamorata immediatamente. All’epoca giocavo a calcio, attaccante. Ma da quel giorno ho cominciato ad andare in pista ogni giorno. Convincemmo i nostri genitori a comprarci un kart, ce lo concessero a patto che andassimo bene a scuola. Divenni la più studiosa e brava. Ora a parte inglese e tedesco, voglio imparare il francese: per convincere il mio team principal Frederic Vasseur». Le è mancato qualcosa della sua vita da bambina? «Onestamente no, il piacere di quello che ho scelto ripara ogni cosa. Tranne che nel 2011 quando mi sono trasferita a vivere a Madrid, il primo anno è stata dura. Non avevo nessuno con cui parlare, ho sofferto la solitudine, non sapevo fare niente: chiedevo via Skype a mia madre come cucinare e fare la lavatrice. Poi per fortuna mi ha raggiunto mia sorella, che ha smesso di correre e mi fa da manager. A quel tempo mi aiutò molto Maria de Villota, per lei ero come una sorella minore, mi fece sentire parte della sua famiglia. Lei stava iniziando a fare test in F1, mi ispirò, mi dissi che volevo diventare come lei un giorno». Altri che l’hanno ispirata? «Susie Wolff. Mi ha indicato la via». Fidanzata? «Non voglio distrazioni, avrò tempo». Se non avesse scelto i motori? «Il tennis. Mi piace giocarlo e guardarlo. Adoro Federer». Lei ha avuto una discussione con la pilota spagnola Carmen Jorda, che ha sostenuto che le donne non arriveranno mai in F1. «Abbiamo visioni diverse, tutto qui. Io non pongo limiti a me stessa. Sono nella commissione Fia per le donne nel motorsport. Alle ragazze dico: seguite la vostra passione, quando capite quello che volete fare e cosa amate nella vita, nessuno vi fermerà».