la Repubblica, 26 maggio 2018
Retrocessa la Castelli
roma “Sopire, troncare; troncare, sopire”. Rocco Casalino rispolvera Manzoni e s’improvvisa Conte Zio per cercare di stoppare le faide che, mai come adesso, attraversano il primo partito d’Italia. È stato il capo della Comunicazione 5S, ieri mattina, a dare ordine ai suoi di convocare Laura Castelli per stabilire la linea da adottare dopo che Repubblica ha svelato il carteggio – zeppo di segreti, aneddoti e commenti imbarazzanti sulla vita interna del Movimento e i suoi campioni nazionali Di Maio e Di Battista – intrattenuto dalla deputata piemontese nel 2015 con gli autori del libro- verità Supernova, Biondo e Canestrari, ex fedelissimi di Grillo e Casaleggio Sr. «Siccome hanno la tue mail, smentire è impossibile, bisogna far finta di nulla, mettere tutto a tacere. Nessuno deve dire una parola, tu per prima», è stata in sintesi la disposizione impartita nel corso del summit a Montecitorio. Diffusa in men che non si dica all’intera truppa grillina nel tamtam di chat interne e passaparola. Un muro di omertà a coprire la stagione dei veleni tornata prepotente dalle parti dei 5S, alle prese con la formazione del suo primo governo «a meno di dieci anni dalla nascita», rivendicava solo l’altro ieri il deus ex machina Davide Casaleggio. E in realtà mai tramontata, specie tra gli attivisti in carriera: come dimenticare il dossieraggio a base di accuse false che due anni fa azzoppò l’ex aspirante sindaco di Roma, Marcello De Vito, per spianare la strada alla rivale Virginia Raggi? Calunnie, insinuazioni, vecchie storie che tornano d’improvvisa attualità, ora per screditare ora per tagliare le gambe agli avversari interni. Per invidia, antipatia, a volte precisa strategia. All’insegna di una lotta fratricida che mira a cambiare gli equilibri, sovvertire la mappa del potere grillino. Ultima delle vittime illustri, Vincenzo Spadafora, braccio destro e sinistro di Di Maio, già responsabile delle sue relazioni istituzionali alla Camera, eletto nel collegio di Casoria. Da sempre inviso all’ala più dura e pura del Movimento per i trascorsi al fianco di Rutelli, entrato spesso in contrasto con Casalino per la sua impossibilità a controllarlo, amato poco pure da Casaleggio jr, Spadafora è stato oggetto di un lungo articolo del Fatto quotidiano. Che ha rispolverato i vecchi brogliacci del Ros relativi all’inchiesta Grandi Opere e riportato tutti i passaggi in cui si citava il neodeputato campano. Pur non essendo stato mai neppure indagato. Lettura che ha riacceso l’ostilità del fronte grillino avverso. Il quale, nel derby fra lui e Vito Crimi per la poltrona da sottosegretario di Palazzo Chigi con delega ai Servizi, tifa per il senatore grillino doc. Al punto da spingere l’altro sulla difensiva: «Non andrò al governo, farò il parlamentare semplice» si è schermito ieri. Per evitare imbarazzi a Di Maio, ma anche per sottrarsi al fuoco amico dei cecchini. Tattica identica e contraria a quella della Castelli, passata in tre anni dalle critiche feroci all’inner circle del capo politico, tanto da essere l’unica donna ammessa al tavolo con la Lega e poi nella rosa dei ministri 5S. Il muro di silenzio erettole intorno potrebbe essere una forma di tutela. Retrocessa dalle Infrastrutture alla P. A., la simpatizzante No-Tav rischia ora un altro downgrade. Accreditata solo per un ruolo di sottogoverno, sebbene prestigioso: viceministro all’Economia.