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 2018  maggio 26 Sabato calendario

Perché Massolo agli Esteri non va bene

L’accusa grillina: troppo filo-establishment e pro Usa. L’ex direttore degli Affari politici della Farnesina preferito a Salzano, amico di Di Maio Roma Era l’unica casella tenuta ferma, quando tutto questo è cominciato. Quando Luigi Di Maio e Matteo Salvini si sono definitivamente arresi all’idea di un premier terzo e hanno scelto Giuseppe Conte, c’era una certezza. Anche per il Quirinale. Che agli Esteri sarebbe andata una persona di esperienza come Giampiero Massolo. Passato dall’ufficio diplomatico di Giulio Andreotti nel 1990 fino a lavorare con Dini, Berlusconi, Prodi, D’Alema. Dalla Farnesina al Dis, la direzione dei servizi segreti, fino a Fincantieri. Ma è stata proprio la sua esperienza e la sua affidabilità, dal punto di vista internazionale, a bruciarne la candidatura. Contro di lui si è mosso, a pochi giorni dalla sua partenza per l’America, quell’Alessandro Di Battista che al ruolo di ministro ha rinunciato ancor prima del voto, non candidandosi e paventando un addio lungo un anno. «A che titolo interviene?», cominciano a chiedersi alcuni eletti, lamentando il troppo ascolto che “Dibba” trova ancora in Luigi Di Maio. Massolo è troppo establishment secondo l’ala più radicale del Movimento. Ed è un agnello da sacrificare sull’altare della sfida da portare avanti contro il presidente della Repubblica Mattarella. Marciando uniti insieme a Salvini. Così, nell’ultimo colloquio con il capo dello Stato, Conte avrebbe riempito la casella Esteri con un nome nuovo, anticipato da Repubblica: quello di Luca Giansanti. Ambasciatore di grado (a differenza di un altro candidato delle ultime ore, Pasquale Salzano, che non ha ancora salito tutti i gradini della carriera diplomatica), era fino a poche settimane fa il direttore degli Affari politici alla Farnesina. Il primo dei direttori generali del ministero. Ma si è dimesso per protesta contro le scelte dei governi di centrosinistra, il che non può che renderlo simpatico ai 5 stelle. Aveva chiesto di essere designato ambasciatore in Francia, ma gli è stata preferita Teresa Castaldo, ambasciatrice a Buenos Aires, dove aveva assistito la sottosegretaria Maria Elena Boschi nella campagna elettorale per il referendum costituzionale. Allora Giansanti aveva chiesto di andare a New York, alla rappresentanza presso le Nazioni Unite. Ma Paolo Gentiloni e la Farnesina hanno deciso di inviare Mariangela Zappia, consigliere diplomatico a Palazzo Chigi. Così, ha lasciato il suo incarico, provocando la protesta dell’associazione Diplo21 che ha lamentato il modo in cui è stato trattato e ne ha pubblicamente elogiato le competenze. Al ministero lo raccontano come un uomo colto, preparato, con una grande autonomia di giudizio, ma dal carattere difficile. Potrebbero essere però soprattutto i suoi “gradi”, a fargli avere la meglio su Salzano. Che può vantare un’amicizia lunga almeno quattro anni proprio con Luigi Di Maio e che di fatto ne è stato il consigliere ombra molte volte negli ultimi tempi. Con un ruolo non indifferente nella svolta atlantica ed europeista del capo politico del Movimento, ora mitigata per il feeling con Salvini, ma comunque protagonista di tutta la sua campagna elettorale. La leggenda che li vuole amici di infanzia ( Salzano è nato a Pomigliano d’Arco nel 1974) è falsa. In realtà a Pomigliano l’attuale ambasciatore a Doha – che ha 12 anni più di Di Maio – non ha mai vissuto. E ha conosciuto il vicepresidente della Camera quando era direttore degli Affari istituzionali Eni e vicepresidente esecutivo. Erano gli anni degli attacchi di Grillo e Di Battista alla compagnia petrolifera italiana, e Salzano aveva bisogno di parlare con qualcuno del Movimento. A presentargli Di Maio, allora vicepresidente della Camera, fu Vincenzo Spadafora, suo vicino di stanza a Palazzo Chigi nel 2006, ai tempi del governo Prodi. I due si sono capiti al volo, è scattata un’intesa che si è protratta fino a oggi. E Salzano a un certo punto ha deciso di lasciare l’Eni tornando alla carriera diplomatica. Che ha cominciato giovanissimo: non ancora trentenne, era rappresentante diplomatico italiano nel Kosovo in guerra. Poi a New York, all’Onu, dove ha seguito il percorso per l’indipendenza di Pristina. Young global leader del World economic Forum nel 2011, ha lavorato con politici di tutti i colori ( Prodi, di cui è stato consigliere diplomatico aggiunto, Gianni Letta, Enrico Letta) e vanta ottimi rapporti con il segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni, contro cui invece sarebbe entrato in rotta di collisione proprio Giansanti. Nonostante questo, e nonostante qualcuno nello staff di Di Maio considerasse la sua candidatura più «smart» (Salzano ha profili Facebook e Instagram molto aggiornati, che lo mostrano anche al Gran premio del Qatar con personaggi come Belen e in riva al mare con un fisico da palestra), fino a ieri notte le quotazioni lo davano in discesa. Ma la giostra è ripartita impazzita grazie al tweet di Salvini e il like di Di Maio. E fino a lunedì, come negli ultimi 83 giorni, tutto può ancora cambiare.