la Repubblica, 25 maggio 2018
Jihadisti tunisini
Ai tunisini non fa piacere che il loro Paese sia considerato un luogo d’origine di jihadisti. Ma è un fatto che negli anni scorsi molti giovani, disperati senza prospettive o delusi dopo le speranze suscitate dalla rivolta del 2011 si sino lasciati affascinare dal richiamo di Abubakr Al Baghdadi aderendo al miraggio dello Stato Islamico e magari poi pentendosene, una volta scoperta in Siria una realtà ben diversa da quel regno di Dio che avevano sognato. Ora però al ritorno in patria non possono pretendere di trovare eccessiva comprensione per la loro scelta sanguinaria. Nei giorni scorsi il polo giudiziario per la lotta al terrorismo ha proposto una sorta di bilancio della sua attività: secondo il portavoce Sofien Sliti, sono almeno 1500 le persone condannate per attività connesse con il terrorismo. Poco meno di tremila sono i tunisini identificati che hanno raggiunto le zone di guerra. A rientrare sono stati finora 160: il 90 per cento di essi è finito dietro le sbarre. Secondo i dati dell’organismo giudiziario la gran parte dei terroristi ha un’età fra i 25 e i 29 anni, e 70 su cento sono celibi. Il livello di istruzione non è basso: 43 su cento hanno il diploma di scuola secondaria, 47 hanno un’istruzione primaria e quattro hanno compiuto gli studi superiori. Preziosi sono anche i dati sulla provenienza, che in parte sembrano mettere in dubbio l’idea che ad aderire alla jihad violenta siano soprattutto i giovani delle zone depresse dell’interno. Il 32 per cento viene dalla regione di Tunisi, il 28 dalle zone costiere, il 23 dal sud, appena il 9 dalle zone centrali e l’8 dal nord. Nella stessa direzione va la scoperta che la provincia più prolifica è quella costiera di Medenine (che però è ai confini con la Libia), con 395 persone condannate per terrorismo, seguita da quella di Ariana, a nord di Tunisi, pure sulla costa (con 295 condannati), da quelle di Monastir e Tunisi (205 e 201, rispettivamente), mentre la provincia di Tozeur, nell’interno, ha dato i natali a soli 11 detenuti.– Giampaolo Cadalanu