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 2018  maggio 25 Venerdì calendario

Chi è Paolo Savona

ROMA. Divisivo, si direbbe oggi. Ma il lessico dei colleghi, più o meno della sua generazione, è più esplicito. Come quello usato da Vincenzo Visco, ministro del Tesoro dei governi di centrosinistra, che ieri in una intervista, ha detto che le posizioni di Paolo Savona sono “in modo radicale e suicida antitedesche e questo può creagli e crearci dei problemi”.
Forse più che divisivo, il candidato della Lega alla carica di ministro dell’Economia, è esplosivo, una vera e propria mina vagante. Tant’è che la guerra è già cominciata e un gruppo di economisti, capeggiato dal suo amico, Antonio Maria Rinaldi, sta raccogliendo firme per pubblicare un appello in suo favore su settimanali e quotidiani. Un caos nell’accademia. Ma le turbolenze si avvertono anche in quel triangolo politico che fa perno sul Quirinale: soprattutto dopo le dimissioni di Savona nei giorni scorsi dalla guida del Fondo lussemburghese Euklid con una nota che le motivava frettolosamente, e con poco fair play istituzionale, “per sopravvenuti importanti impegni pubblici in Italia”.
Il rischio-Savona, che ormai alcuni arrivano a prezzare sui mercati, sale. “Per noi è una sorta di Dottor Stranamore dell’economia”, raccontava ieri un operatore dopo l’ennesima giornata negativa tra spread e Borsa. Soprattutto gli viene imputato il cosiddetto “Piano B": una sorta di “trattativa con il colpo in canna” come la descrive Giorgio La Malfa che con lui ha studiato negli Stati Uniti con il Nobel Franco Modigliani. Illustrata con la foga e la forza polemica dell’economista sardo, classe 1936, suona terrificante per l’establishment: “Se si sapesse che l’Italia ha un piano B per uscire dall’euro, la Germania e gli altri paesi si troverebbero costretti a dover valutare gli effetti che essi pagherebbero in termini di valore del cambio e di chiusura del mercato italiano ai loro prodotti, e ci tratterebbero con minore aggressività”, ha scritto qualche anno fa Savona in un libro sul “Caso Italia”. Parole che pesano tant’è che l’ambasciatrice tedesca, per capire come stanno le cose in Italia, avrebbe convocato per la prossima settimana a Milano una serie di economisti, tra cui alcuni vicini all’economista sardo che per molti anni è stato tra gli amici più stretti del conterraneo Francesco Cossiga.
Certo, la lunga carriera di Savona, coronata da una montagna di pubblicazioni, ha più il sapore di puro establishment da Prima Repubblica che di freschezza iconoclasta gialloverde. Cominciò in Bankitalia con Guido Carli, come tutti sanno, ma la sua cifra in quegli anni fu quella del tecnico di area repubblicana, come si diceva una volta. Uno dei suoi primi incarichi fu quello di consigliere economico di Ugo La Malfa, nel governo Rumor IV, circa mezzo secolo fa, era 1974-1975, poi un cursus che lo portò a conquistare le maggiori posizioni nel Paese, favorito anche dalla rendita di posizione del suo partito.
Nel 1976 approda alla direzione generale della Confindustria, quindi una lunga carriera di incarichi tra pubblico e privato: presidente del Credito Industriale, del Fondo interbancario di tutela dei depositi, della Gestifondi, delle società Impregilo, di Gemina, Aeroporti di Roma e del Consorzio Venezia Nuova.
Spicca Impregilo, gigante dei grandi lavori che, come è stato ricordato in questi giorni, gli costò un’inchiesta poi archiviata. Ma il punto è un altro: l’idea delle opere pubbliche, che pure il professore deve aver condiviso, stride con i suoi nuovi compagni di strada grillini, che vogliono bloccare la Tav e le altre infrastrutture. Come pure dovrà vedersela con i propositi dei gialloverdi di fare della Cassa Depositi e Prestiti una nuova Iri. Lui, che fu anche ministro dell’Industria, nel più volte ricordato governo Ciampi, quando correva il biennio 1993-1994. E allora, insieme a Piero Barucci scrisse una lettera pubblica, sul Sole 24 Ore, che fece clamore. Era intitolata: “Terra dura.Privatilandia”. Ed ora?