la Repubblica, 24 maggio 2018
Parla Calcutta, cioè Edoardo D’Erme
ROMAQuando quasi tre anni fa si affacciò in punta di piedi in un panorama musicale italiano un po’ ingessato, nessuno avrebbe pensato che quel curioso giovane di Latina, senza il physique du rôle della star, avrebbe scardinato brano dopo brano abitudini incancrenite fino a guidare, suo malgrado, un piccolo ricambio generazionale nella musica pop.Calcutta, vero nome Edoardo D’Erme, 29 anni, l’aspetto della star ancora non ce l’ha. E neanche la sicurezza del cantante di successo. «Il nuovo album? Non è male, ma niente di che», dice modesto. «Mi sminuisco? E che dovrei fare? Pensare ai dischi d’oro?». Invece è belloEvergreen, il lavoro della conferma, immerso nella melodia d’autore, esce domani e contiene brani come Pesto, Orgasmo e Paracetamologià hit da milioni di visualizzazioni e streaming. Niente “firmacopie” per venderlo («Gli autografi a che servono?»), solo due concerti evento: il 21 luglio allo Stadio Francioni di Latina e il 6 agosto all’Arena di Verona.L’appuntamento con lui, dopo un tentativo saltato a Roma Nord, è al Pigneto, luogo metaforico della nuova scena («A me ricorda Dogville», dice). È in pausa dalle prove del tour: «Saremo in sette, c’è una marimba in molti brani, e tra i musicisti anche Daniele Di Gregorio, a lungo accanto a Paolo Conte. In concerto suoneremo anche una sua cover».Beve vino spagnolo. «Oh, ma è buono eh. Mica lo sappiamo fare solo in Italia». Parte Run of the mill di George Harrison e inizia a canticchiarla: «Che bel pezzo.Lui l’ho ascoltato molto durante la lavorazione dell’album».Che altro?«Bacharach. Mi piace da sempre.Me lo faceva ascoltare mia mamma da bambino. L’ho assimilato da subito. E i Beach Boys, ma forse semplicemente in questo album c’è un suono un po’ rétro, anni Sessanta. Sia come scrittura che come arrangiamenti».Nessuna ansia per replicare il successo dell’album “Mainstream” (uscito a fine 2015, è ancora in classifica, appena fuori dalla top 50)?«Mi mettevano pressione, mi si sono subito rotte le ossa. Allora come va va, non ho cercato il produttore di grido, non mi fido di nessuno.Avevo canzoni che potevano funzionare facile, ma non stavano bene con le altre. A me già fa schifo l’idea di fare un disco…».In che senso?«Pubblicherei i brani appena finiti, sarebbe più comodo, ma ancora “conviene” fare un disco. Mi hanno spiegato perché ma non me lo ricordo».C’è ancora spazio per l’ironia?«Mi viene spontanea. Forse l’unico brano ironico qui è Rai. L’ho scritta dopo la mia partecipazione a Quelli che il calcio. Mi avevano fatto stranire perché volevo esibirmi senza parlare e invece hanno insistito e io lo so che poi vado oltre i limiti di prudenza quando parlo.La Rai mi mette ansia. Ma poi mi sono detto “Ma che mi ha fatto di male”. E ho ammorbidito la canzone. Mi dispiace se qualcuno ci rimane male per colpa mia. Il brano è una specie di opera rock un po’ pacchiana, un piccolo musical da parrocchia. Per rispondere a chi dice che dicono che uso solo due accordi. Può ricordare anche Renzo Arbore. Sto in fissa con lui».In giro ormai ci sono brani che sembrano “alla Calcutta”.«Quando i miei amici usano l’aggettivo “calcuttiano” m’innervosisco molto. È diventata una gag. C’è Bach e dicono “oh, t’ha fregato la progressione armonica eh?”. I Beatles? “Oh, guarda ’sti stronzi che t’hanno copiato la melodia”».L’Arena di Verona fa paura?«Sì, ma più lo Stadio di Latina.Saranno dieci anni che non ci fanno concerti. Vasco Rossi ci fece anche due date zero. Ma io non c’ero.Ero fuori a fregare i portafogli con gli amici ( ride). Pensa, sarebbe bello avere Tiziano Ferro ospite a Latina per cantare insieme Oroscopo».Com’è nato il singolo “Pesto”?«In un momento strano. L’ho scritto quando venne a casa mia, ero a Bologna, una ragazza con intenzioni un po’ aggressive e io, sul letto, ho preso la chitarra per domare l’impeto e ho composto Pesto davanti a lei. L’ho scritta per dare il due di picche perché avevo appena conosciuto un’altra che ora è la mia fidanzata».Ma alla fine c’è stato questo ricambio generazionale?«Ma no, ma chi avremmo messo da parte?».Della nuova “scena” si dice che è poco impegnata.«Credo perché è una generazione meno interessata alla politica.Ho pensato a scrivere brani politici, ma poi… che dico? “Piove, governo ladro”? “I compagni?”. Se succede succede. Le pecore sulla cover di Evergreen? No, non è una copertina politica. La mia filosofia è: meglio un giorno da pecora che cento da leoni. Conoscendomi, se dovessi smettere di essere un cantautore della sfera privata allora mi metterei a cantare cose religiose».Un brano si intitola “Hübner”, ispirato all’ex calciatore.«Mi piace perché è stato un personaggio schivo. Il calcio ora non mi piace più, mi annoia.Non c’è più uno iconico come Baggio. C’era più poesia prima».In rete c’è la parodia di Le Coliche sulle nuove popstar in cui Calcutta è definito “il Pippo Baudo dell’indie”.«Non l’ho visto, ma immagino faccia ridere. Non ho neanche più Facebook, in giro c’è solo gente che si crede chissà chi. Più che altro mi spiace perché vuol dire che presto tutto finirà. Se arrivano le parodie vuol dire che la cosa sta morendo».Alla fine del 2017 ci sono state polemiche perché il comune di Bologna ha pagato 5000 euro per avere una sua playlist per Capodanno.«Quanto mi è dispiaciuto. A Bologna avevano paura del terrorismo, invece di spendere molti soldi per transennare e in sicurezza hanno preferito dare a me 5000 euro per una playlist da diffondere per le strade. Ma che c’entro io. Ancora oggi in giro mi dicono “Oh, manco offri da bere”. È facile scatenare così l’odio nella gente».Avete lo stesso regista di clip, Francesco Lettieri, e le vostre strade si sono incrociate più volte. Insomma: chi è Liberato?«Eh. È... uno ( silenzio imbarazzato).Ho dato un grande indizio».Secondo l’ultima teoria sarebbe un detenuto di Nisida e avrebbe scelto di chiamarsi Liberato proprio per quello…«Ma dai, ma no… Magari è una persona che non vuole scocciature.O è timido. Per quanto conosco umanamente la vicenda, non è una strategia di marketing».Al festival di Sanremo andrebbe?«Mi avevano invitato per cantare con Coez in una serata speciale di tributi. Ma ci è stato chiesto poco più di una settimana prima, non c’era tempo. Coez avrebbe scelto Amore disperato, io non ho fatto neanche in tempo a pensarci».E in gara?«Magari un giorno, quando sarò completamente rovinato. Quindi l’anno prossimo».