Libero, 23 maggio 2018
Evacuo Felice e altri nomi strani
ualcuno ci spieghi perché si può chiamare la propria bambina Andrea – che deriva dal greco andròs, che significa “maschio” – ma non si può chiamarla Blu. Ci venga chiarita la ragione che spinge un pm, com’è accaduto alla procura di Milano, (...) :::segue dalla prima ALESSANDRO GONZATO (...) a convocare i genitori per rettificare il nome della piccola, che altrimenti rischia di vedersene affibbiato uno d’ufficio. Cos’ha che non va il nome Blu? Si dirà: l’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 396 del 2000 recita che «il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso». Nel caso specifico il magistrato sostiene che «si tratta di un nome moderno legato al termine inglese Blue, ossia il colore blu, e che non può ritenersi attribuibile in modo inequivoco a persona di sesso femminile». Ma scusate: se in Italia, come dicevamo, ci sono chissà quante femmine che si chiamano Andrea e se il nome, al femminile, è stato anche sdoganato da una sentenza della Cassazione a novembre 2012, come mai Luca e Vittoria, i genitori della piccola Blu, sono obbligati a modificarle il nome o ad anteporgli «un altro nome onomastico femminile che potrà essere indicato dai genitori nel corso del giudizio»? Blu ha un anno e mezzo. Al momento dell’iscrizione all’anagrafe i funzionari avevano messo in guardia papà e mamma dal rischio di una contestazione. Luca e Vittoria entrambi milanesi, si dividono fra la città e un piccolo paese fra Liguria e Piemonte, un anno fa emozionati e con mille altri pensieri in testa, non ci avevano dato molto peso. E invece è arrivata la contestazione. «È una discriminazione assurda!, sbotta il papà. «Domani (oggi ndr) dovremo andare in tribunale per conoscere la decisione del giudice». EPISODIO ANALOGO Proprio ieri la procura di Milano ha rinunciato a chiedere la rettifica del nome Blu dato dai genitori di un’altra coppia a una bimba che oggi ha 5 cinque anni. Papà e mamma, per ovviare al problema sollevato dall’anagrafe, hanno deciso di dare anche un secondo nome alla piccola: «Non ci avevamo mai pensato prima», dice Annalisa, la mamma. «Alla fine abbiamo scelto Miranda, Blu Miranda. Non credo che ora ci chiameranno in tribunale, ma resto comunque stupita dalla piccolezza e dal provincialismo di tutta la faccenda». IL PAESE DEI CONTROSENSI E dire che viviamo in un Paese in cui non passa giorno senza una qualche manifestazione in difesa dei diritti e dell’orgoglio dei gay, delle lesbiche e dei trans. Per quest’ultimi in alcune università, ad esempio alla Sapienza di Roma o al Bo di Padova, sono stati creati dei libretti ad hoc. Siamo nell’epoca in cui qualche illuminato vuole impedirci di utilizzare i termini “papà” e “mamma” per fare spazio ai meno discriminanti “genitore 1” e “genitore 2”. Spopolano le “famiglie arcobaleno”, le associazioni dei genitori omosessuali. Ci sono bambini che hanno due madri o due padri. La mamma viene sostituita dal “mammo”. Ci bambini dell’asilo e delle elementari vengono fatte leggere favole in cui l’autore di proposito non lascia trasparire se il (o la) protagonista è maschio o femmina. Ci sono amministrazioni comunali, una delle prime è stata quella di Venezia (allora targata Pd) nel 2014, che impongono alle scuole racconti di papà vestiti in tutù rosa, di animali con due “mammi”, o di “papà bis” – questo il nome di una favola – che si sostituiscono a quelli naturali e che cercano di conquistare i bimbi che la donna con cui stanno ha avuto con un altro uomo. Viviamo nell’Italia delle ambiguità, dove tutto è concesso e in cui le divisioni, anche quelle più nette, vengono spazzate via in nome delle più svariate battaglie per le libertà, che siano sacrosante o pretestuose. Ed è la stessa Italia dei Rosa Culetto, Felice Mastronzo, Zoccola Felice, Benvenuta Vacca, Immacolata Sottolano, Troia Desiderata, Brezza Marina. Senza dimenticare l’attacante del Trapani Evacuo Felice. In questi casi sì che i genitori andavano bacchettati. Non certo quelli di Blu. riproduzione riservata