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 2018  maggio 23 Mercoledì calendario

La Val d’Aosta è ingovernabile, bisognerà tornare a votare

Il presidente della Regione uscente, Laurent Viérin, si è già adeguato ai tempi che corrono: «Creare alleanze attraverso un “contratto” sul modello di quello che è alla base del nuovo governo nazionale? Perché no? È una modalità interessante che dà priorità ai contenuti». Non sarà tuttavia lui, con ogni probabilità, a tirare le fila per la nascita di una maggioranza regionale in grado di governare una Valle d’Aosta che, già attraversata da tempeste giudiziarie che negli ultimi mesi hanno colpito decine di ex amministratori, si ritrova a fare i conti con la crisi dei partiti che per oltre mezzo secolo si sono fatti interpreti dell’ideologia autonomista, quasi unanimistica in una terra che vede tutelate le sue prerogative dallo Statuto speciale emanato come legge costituzionale nel 1948.
L’Union dimezzata
Ad avere, come si suol dire, il boccino in mano, non sarà probabilmente nemmeno l’Uv, il primo e storico movimento autonomista, che nelle elezioni regionali celebratesi domenica è sì arrivata prima ma dimezzando i suoi consensi, passando dai 24.121 voti delle precedenti Regionali svoltesi nel 2013 ai 12.265 di tre giorni fa. Una calata agli inferi che si accompagna a quella del suo finora indiscusso leader Augusto Rollandin che nelle Regionali 2008 conquistò la cifra record – in una regione di 130 mila abitanti – di quasi 14 mila preferenze e che oggi si ritrova con un pacchetto di consensi personali che non arriva nemmeno a 3500.
La Lega rinata
Le strade per individuare la futura guida della Valle passeranno con ogni probabilità dalla Lega, che dopo vent’anni di assenza dal palcoscenico regionale è riuscita ad arrivare a quasi 11 mila voti e ad un 17% solo di qualche decimale inferiore al risultato dell’Uv. La sua leader e capolista Nicoletta Spelgatti, che in questa consultazione ha preso più voti di tutti seconda solo al solito Rollandin, si è già detta pronta a vestire i panni di presidente, che in Valle d’Aosta non sono mai stati indossati da una donna. Ma anche all’ombra del Monte Bianco tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E lo spettro dell’ingovernabilità aleggia, eccome.
Pd e Fi scomparsi
Lo scenario restituito dal voto di domenica assomiglia, per certi versi, a quello visto in Parlamento dopo il 4 marzo. La Valle d’Aosta, a differenza del resto d’Italia, non ha l’elezione diretta del governatore e il suo sistema elettorale ha una storia simile a quella del «Rosatellum»: modificato un anno fa per introdurre il premio di maggioranza da assegnare ai partiti o alle coalizioni che avessero superato il 42%, è diventato nei fatti un proporzionale purissimo perché al voto non si è presentata alcuna coalizione e, come previsto, nessuna delle liste in lizza è stata in grado di arrivare a quella quota. L’unico meccanismo che ha funzionato è quello del quorum del 5,7% (equivalente a due seggi in un Consiglio regionale che ne conta in tutto 35), che ha liquidato in colpo solo i due partiti che hanno segnato la storia politica italiana degli ultimi vent’anni, Pd e Forza Italia, incapaci di superare lo scoglio. Nella nuova assemblea regionale, però, siederanno ben 8 forze politiche in una situazione di frammentazione in cui nessuno supera i 7 seggi e nessuno ne ha meno di 3.
Il problema della litigiosità
La maggioranza uscente, formata da Uv, Uvp (il movimento del presidente Viérin, nato nel 2012 da una scissione dell’Union) e Pd, oggi conta in tutto 11 consiglieri. L’area autonomista allargata a tutte le varie sue declinazioni frutto di scissioni precedenti e successive a quelle dell’Uvp arriva a 17, uno in meno della quota minima per fare una maggioranza. Allargando il campo a Stella Alpina-Pnv si può arrivare a 21, ma sono in tanti a non credere alla possibilità di una coalizione di questo tipo: significherebbe rimettere insieme i partiti che negli ultimi cinque anni di legislatura hanno litigato, fatto pace e di nuovo bisticciato regalando ai valdostani 3 presidenti della giunta e 6 maggioranze diverse.
La differenza maggiore, tra la Valle d’Aosta del 2018 e la politica nazionale, la fanno i 5 Stelle. Hanno sì raddoppiato la loro pattuglia di consiglieri (da 2 – poi fuoriusciti dal movimento – sono passati a 4), ma sono pochi per fare da ago della bilancia.