Corriere della Sera, 22 maggio 2018
A proposito di scuola. Mi sono imbattuto per caso in una antologia per la scuola secondaria di primo grado intitolata La sostanza dei sogni e edita da Lattes
A proposito di scuola. Mi sono imbattuto per caso in una antologia per la scuola secondaria di primo grado intitolata La sostanza dei sogni e edita da Lattes. In una ricca sezione sulla poesia, dove si comincia con Ungaretti e si prosegue con Saba, Palazzeschi, Sinisgalli, si trova una parte sulle poesie in musica. Con un cappello: «Oggi le poesie non si cantano più, ma alcune canzoni hanno testi poetici, enfatizzati dalla musica». L’alunno viene invitato a scoprire «quanti elementi del linguaggio poetico sono stati trasferiti nelle canzoni». Quali sono le canzoni scelte? Dopo aver letto «Padre, se anche tu non fossi il mio padre, / per te stesso egualmente t’amerei» di Camillo Sbarbaro, ecco Cesare Cremonini: «Buon viaggio, / che sia un’andata o un ritorno / che sia una vita o solo un giorno / che sia per sempre o un secondo, / l’incanto sarà godersi un po’ la strada…». E subito dopo Marco Mengoni: «Oggi la gente ti giudica, / per quale immagine hai. / Vede soltanto le maschere, / e non sa chi sei». Segue «L’alba» di Jovanotti. Il dubbio è che chiedendo a un dodicenne di individuare le analogie tra Mengoni e Pascoli, venga reso inutile se non distrutto il (faticoso) lavoro fatto nei capitoli precedenti sui caratteri del linguaggio poetico. Si sollecita il giovane a mettere sullo stesso piano capre e cavoli. Sarebbe come accostare un racconto di Gadda a un articolo di giornale, un romanzo di Volponi a un «fantasy» della pur bravissima Licia Troisi, l’espressionismo di Dante a quello del pur bravissimo Nino Frassica. Tutti bravissimi, ma dopo l’invasivo paradigma postmoderno e l’euforica mescolanza alto-basso, oggi sarebbe utile rieducarsi ai distinguo piuttosto che soffermarsi sulle somiglianze forzate anche se molto inebrianti. E se si cominciasse dalle scuole (e soprattutto dal linguaggio) sarebbe ancora meglio, magari invitando il ragazzo a segnalare in che cosa consiste l’abisso che separa «La casa dei doganieri» di Montale da «Questa è la mia casa» di Lorenzo. Senza pensare che siccome l’una e l’altra usano le metafore, si possano tranquillamente mettere insieme (anche «vaff…» è metafora!). Un compito urgente della scuola è evitare la confusione, indotta dai social, del tutto-è-uguale-a-tutto: tutto vale tutto significa che tutto vale niente. Niente distinguo, niente gusto, niente valore, e alla fine niente morale.