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 2018  maggio 22 Martedì calendario

Fortnite, videogioco del momento

La «dab dance» di Pogba passa di moda, ora è il momento di Griezmann, mattatore della finale di Europa League regalata all’Atlético Madrid con due reti festeggiate allo stesso modo. Le dita a formare una «L» sulla fronte – un non troppo simpatico riferimento agli avversari «Losers», perdenti – accompagnate da un movimento di gambe piuttosto sgraziato. L’esultanza «Take the L» messa in campo dal francese (ma anche dal campione di motociclismo Marc Màrquez, o dal pugile americano Teofimo Lopez) arriva dritta dritta da Fortnite, un videogioco. O meglio: il videogioco, quello del momento. Quello a cui se hai meno di 20 anni, non puoi sottrarti: tutti ci giocano e rimanere fuori dai trend è davvero dura. Tanto più che il titolo della Epic Games è pure gratuito: non ci sono soldi da sborsare, né genitori da avvisare.
Fortnite è una cosiddetta Battle Royale, la tipologia del tutti contro tutti che sta definendo una nuova generazione di videogiochi. E di giocatori, perché l’idea di fondo è quella di dimostrarsi più bravi degli altri davanti a una platea mondiale. Il gioco ha due versioni, una «survival» a pagamento e quella da arena, gratuita e diventata in pochi mesi la hit che ha messo in riga tutto il resto. Lo scopo del gioco è tanto semplice quanto l’iniziare a giocarlo. La battaglia vede 100 giocatori reali doversi affrontare su una mappa dove nascondersi, allearsi e fare agguati con lo scopo di rimanere l’unico sopravvissuto. Questo porterà a un upgrade di livello e ad affrontare giocatori più forti.
Malgrado la gratuità, i ricavi di Fortnite sono sbalorditivi, capaci di cancellare i record di altri fenomeni di massa come Clash of Clans o Clash Royale della Supercell. La compravendita di vestiti e «mosse», oltre che di armi e altri oggetti bonus, benché non necessaria al gioco (ma in alcuni casi è utile per «essere più forti»), è arrivata alla cifra record di 2,2 milioni di dollari di transazioni al giorno. E se la domanda è perché spendere per l’estetica quando si può giocare gratis, la risposta arriva proprio da Griezmann. La nuova natura dei videogiochi è nella socialità digitale che si crea, nel vestire il proprio avatar in modo «figo», nell’avere in repertorio la mossa giusta per «sfottere» l’amico/nemico. Ciò che si fa a 13 anni nella realtà viene trasportato nel convivio digitale. Che nel caso del titolo di Epic è costruito con una formula a dir poco azzeccata. Grafica a cartoni animati, contaminazioni con altri contenuti che «spaccano», dalla presenza nel gioco di Thanos – il super-nemico dei Vendicatori nell’ultimo film Avengers: Infinity War – ai rapper (come Drake) e calciatori che postano le proprie imprese di gioco.
Ne risulta una violenza annacquata che ha permesso a uno «sparatutto» di avere una classificazione permissiva, dai 12 anni in su. E il tema dei contenuti è uno dei due aspetti da considerare quando ci troviamo di fronte a figli che con i videogiochi fanno il loro mestiere: crescere misurandosi con i coetanei. «Fortnite come altri giochi è una nuova dimensione sociale che si aggiunge alle altre. Possiamo non capirla come genitori, ma non la dobbiamo negare. Perché il rischio è che poi giochino di nascosto». Perdere il dialogo è il vero pericolo secondo Manuela Cantoia, docente universitaria di Psicologia cognitiva. «Discussa insieme l’idoneità o meno del contenuto, bisogna arrivare ai tempi di gioco». Non ci sono formule, anche perché il tema dell’esposizione ai monitor, dalla tv allo smartphone, è complesso. «L’importante è che il videogioco non sia l’unica attività», prosegue l’esperta di videogame, madre di due adolescenti. «Se dopo essere stati a scuola, e magari aver fatto una partita a calcio e pure i compiti, i ragazzi si danno appuntamento online per ritrovarsi dentro al gioco, lo dobbiamo solo considerare come un nuovo spazio di ritrovo con i loro coetanei».