Corriere della Sera, 22 maggio 2018
Kim rivuole indietro le sue cameriere
PECHINO Anche la Nord Corea ha una sua Croce Rossa che si occupa di questioni umanitarie. E in questa fase delicata Kim Jong-un l’ha mandata avanti per chiedere a Seul la restituzione di 12 cameriere di un ristorante nordcoreano di Ningbo in Cina che due anni fa erano fuggite al Sud. Secondo il Nord le donne sarebbero state ingannate e rapite dai reclutatori sudisti a scopo di propaganda. Il colpevole sarebbe il manager del locale di Ningbo, che le aveva guidate nella defezione. Nel suo appello-ultimatum Pyongyang sostiene che Seul «dovrebbe punire i responsabili del caso e rimandare le nostre cittadine alle loro famiglie, per non rovinare lo spirito della Dichiarazione di Panmunjom» (quella del 27 aprile tra Kim e Moon Jae-in, ndr). La confusione tra negoziato nucleare e cameriere sembra assurda, ma in realtà è una mossa per mettere in difficoltà Seul. Le cameriere nordiste hanno ottenuto la cittadinanza sudcoreana e consegnarle al Nord sarebbe un tradimento. «Sono venute liberamente da noi e non le manderemo indietro», dice il governo Moon. Il regime nordcoreano ha aperto circa 130 ristoranti nel mondo, la maggior parte in Cina: per anni sono stati una fonte di valuta pregiata per le casse di Pyongyang. Agiscono anche da centro di raccolta di informazioni, perché sono frequentati dai turisti e uomini d’affari sudcoreani in trasferta. Le dodici cameriere, che oltre a servire ai tavoli intrattenevano i clienti con cori e danze, nel 2016 sono partite indisturbate dalla Cina. Le autorità di Pechino che di solito bloccano i fuggiaschi e li consegnano a Pyongyang quella volta si limitarono a timbrare il loro passaporto in uscita verso la Malesia. Forse le ragazze sono state prese in un gioco più grande di loro.