Corriere della Sera, 20 maggio 2018
I peccati senili di Rossini
Se da giovani peccare viene facile, da vecchi richiede un gran talento. Che certo non mancava a Rossini, peccatore intemerato di terza età per grazia di Dio. Negli ultimi dieci anni di vita, il pesarese ruppe infatti l’ostinato silenzio a cui si era votato dopo il Guglielmo Tell, suo addio definitivo all’opera a soli 37 anni, mettendo a punto circa 200 composizioni, alcune brevissime, altre corpose, scritte in gran parte per pianoforte, destinate solo per sé e gli amici che andavano a trovarlo nella sua casa di Parigi.
«Con l’ironia che gli era propria, li intitolò Péchés de vieillesse (Peccati di vecchiaia), debolezze senili, scherzi da salotto frivoli, irriverenti, malinconici, per esprimere gli umori del giorno, burlarsi delle mode, dei personaggi in vista e di se stesso», spiega Alessandro Marangoni, pianista giovane e già affermato, che dopo sette anni di ricerche ha completato la prima registrazione integrale dei Péchés. Tredici cd, l’ottavo appena uscito da Naxos, i rimanenti entro il 13 novembre, anniversario dei 150 anni della morte del maestro, per raccogliere, oltre a quelli catalogati, altri 20 inediti, scoperti da Marangoni negli archivi della Fondazione Rossini e attraverso collezionisti privati.
«Senz’ombra di mea culpa, Gioachino ha fatto così tanti Peccati, e così divertenti, che il buon Dio di certo gli ha accordato il Paradiso» scherza il pianista alludendo ai titoli bizzarri di molti brani. Nonostante il male oscuro che lo tormenta, Rossini infatti ritrova nella vecchiaia l’innocente sapienza del bambino, il piacere birbone di fare musica senza censure di sorta.
«Con humor svela momenti intimi nel Preludio igienico del mattino e nel Petit Valse l’huile de ricin simula le flatulenze prodotte dall’olio di ricino. Confessa le sue superstizioni nel Petit Caprice style Offenbach, da suonare facendo le corna perché secondo lui Offenbach portava sfortuna. Mentre da gran goloso qual era, ne Le lazzarone intima al cantante di cantare leccandosi le labbra mentre elenca formaggi, maccheroni e altre delizie».
Una passione quella per il cibo, paragonabile solo a quella per le belle signore. «Nella Petit fanfare per due pianisti, un uomo e una donna, suggerisce a lui di suonare il ritornello facendo ginocchino a lei. E nel duetto Un sou il dialogo è tra due mendicanti che invece del solito “soldino” chiedono alle signore un altro tipo di elemosina...».
E non mancano frecciate ai colleghi celebri. Sull’Attila di Verdi, che pure era tra gli ospiti delle sue serate con Doré e Dumas padre, Gounod, Saint-Saëns, Liszt, scrive un Ritornello per indurre al silenzio degli ospiti rumorosi e mette in nota: «Senza il permesso di Verdi».
Nemico della nuova musica, troppo enfatica per i suoi gusti, durante la visita di Wagner seguita ad alzarsi. E a lui, innervosito da quel via vai, spiega: «Perdoni ma ho sul fuoco una lombata di capriolo. Dev’essere innaffiata di continuo».
Ma ci sono anche peccati romantici, la tenerissima Une caresse à ma femme per Olympe Pelissier, seconda e adorata moglie. E c’è l’ironico Mi lagnerò tacendo, scritto per il suo stesso funerale. «Rossini è malato, sa che non gli resta molto da vivere. Il suo ultimo Peccato è una messa, la Petite Messe Solennelle. «Buon Dio, scrive a conclusione dell’Agnus Dei, eccola terminata questa povera piccola Messa. È musica benedetta o solo della benedetta musica? Del resto lo sai bene, ero nato per l’opera buffa!».