Libero, 19 maggio 2018
Enzo Barbieri, il bandito galantuomo
La Milano del Dopoguerra, dei quartieri ancora martoriati dai bombardamenti, della miseria in fila alle mense per i poveri. La Milano della borsa nera e della Ligera, la malavita che assaltava banche e trafficava fra le chiatte della Darsena, balordi dalla sigaretta facile che vivevano di revolver e furti e bische, dividevano il bottino nel retro del bar e lo spendevano senza rimpianti con le ragazze della sciura Vittoria, nel bordello di lusso di via Fiori Chiari. Ezio Barbieri di quella città era il ras, aveva nemmeno 25 anni. Abitava all’Isola, il quartiere così chiamato da quando la ferrovia l’aveva separato dal centro della città, e l’appartamento di via Borsieri 14 aveva due ingressi, lui spesso entrava da uno e scappava dall’altro, quando dalla strada lo avvertivano dell’arrivo degli sbirri. Perché Barbieri di mestiere faceva il bandito, e ancora sopravvive la sua leggenda di criminale gentiluomo, nata quella volta in cui, la città ancora in mano ai fascisti e lui travestito da tenente delle Brigate Nere, aveva razziato il magazzino d’un industriale che con la borsa nera ci faceva i soldi, e tornato in quartiere aveva distribuito parte del bottino alle famiglie più povere. Nacque così la storia del fuorilegge gentiluomo, che oltretutto in questo modo si assicurava quel che oggi si chiama “controllo del territorio”, e una rete di protezione che gli permetteva di passeggiare tranquillamente per il quartiere nonostante fosse considerato il pericolo pubblico numero uno. LA BANDA DELL’APRILIA Perché il quartiere lo amava, e se parli coi pochi vecchi indigeni rimasti a ciondolare nei bar oggi gestiti da cinesi, t’accorgi che il mito ancora resiste. «Il Barbieri? Eh, altri tempi…». È morto l’altra notte a 95 anni. Viveva a Barcellona Pozzo di Goito, in provincia di Messina, dov’era rimasto dopo l’uscita dal carcere, all’inizio degli anni Settanta. La “sua” Milano non esisteva più già allora, chissà se purtroppo o per fortuna. Lui, che a Milano ci era nato il 1° novembre del ’22, e fu fascista e poi renitente alla leva e poi anche partigiano, in questo italiano fino al midollo. Ma già nel ’44, ancor prima della liberazione dai nazi, decise che la sua vocazione era quella del fuorilegge. «Sono diventato bandito perché vedevo mia madre alzarsi alle quattro e fare la coda per ore per avere mezzo chilo di pane», e lui così non ci voleva finire. Col suo amico Sandro Bezzi cominciò con i primi colpi, e il lavoro gli veniva bene. Intorno a lui si formò una banda, il salto di qualità lo fecero quando per le rapine cominciarono a usare quella veloce Lancia Aprilia nera targata MI777 – un modo per irridere la Madama, visto che quello era il numero del centralino della Polizia. Diventarono la “banda dell’Aprilia nera”, lui il capo sempre elegantissimo, doppio petto e pizzetto e capelli impomatati in perfetto stile Amedeo Nazzari. Stile che avrebbe mantenuto anche in tribunale, dietro le sbarre. Che città incredibile, quella. I giornali impazzivano raccontando storie di delitti e banditi, di guardie e ladri. E così nascevano la «Banda del lunedì», perché colpiva sempre a inizio settimana, e la «Banda dovunque» di Ugo Ciappina, che si muoveva rapidamente in tutto il nord Italia anche lei su una Lancia Aprilia, rubata a Napoli nientemeno che a Eduardo De Filippo. Milano città di scassinatori, vera specialità locale, tanto che qualche anno dopo, nel celebre film francese “Rififi”, quando il protagonista ha bisogno di «uno in gamba» per scassinare una cassaforte, chiamava «Cesare il milanese», poi rinominato dalla censura «il marsigliese» nella versione italiana. VITA DA RIBELLE Ezio Barbieri di scrupoli ne aveva pochi, anche se si è sempre vantato di aver mai ammazzato nessuno. Fu l’inventore delle rapine coi posti di blocco – bloccava la via, razziava e poi la fuga, e spettacolari inseguimenti e cinematografiche fughe sui tetti delle case di ringhiera, e una volta fu colpito da una pistolettata in via Porro Lambertenghi, vicino al bar della sorella che era anche il suo quartier generale, e però scomparve lasciando sull’asfalto macchie di sangue poi ammirate dai ragazzini come una reliquia. Ma aveva anche senso dello spettacolo: alla storia è passato il leggendario colpo con la donna nuda, una bella ragazza assoldata dalla banda che entrò in banca senza vestiti, e subito le guardie accorsero e si distrassero, permettendo ai banditi di entrare armi in pugno e svuotare le casse. Sette volte, fra il ’45 e il ’46, sfuggì alla cattura. Ma si sa, le carriere criminali hanno una conclusione già scritta. Barbieri venne catturato il 26 febbraio alla Cascina Torrazza, zona Porta Vercellina, e quella stessa sera il suo amico e complice Sandro Bezzi cadeva sotto i colpi della polizia, dall’altra parte della città. Fine della storia? Macché. Ingabbiato a San Vittore, solo un paio di mesi dopo la cattura, era il 21 aprile, Barbieri fu tra i promotori di una leggendaria rivolta carceraria, la “Pasqua rossa”, il carcere per quattro giorni in mano ai detenuti e fuori migliaia di militari, trattative e minacce e mercanteggiamenti, e però poi i rivoltosi aprirono la dispensa interna e trovarono gli alcolici e si ubriacarono da non stare in piedi, e così la rivolta finì. Poi ci fu la fuga dal carcere di Novara, con l’intervista da ricercato rilasciata al “Corriere lombardo”. E a quel punto, ancora una volta catturato, iniziò a girare per i penitenziari d’Italia, per finire per l’appunto a Barcellona Pozzo di Goito, in realtà un ospedale psichiatrico giudiziario, perché quelli come lui, quelli che non si arrendono mai, son considerati dei matti. Negli anni, per lettera, aveva conosciuto una ragazza di Piacenza, lei si era innamorata di quel ribelle impenitente attraverso gli articoli e le foto sui giornali: si sposarono nel ’68, in carcere, l’ex capobanda fu accompagnato all’altare dal suo vecchio amico Niccolò Carosio, il grande radiocronista. Nel 1971, come detto, Barbieri uscì di galera. Iniziò una nuova vita da uomo libero, come commerciante di vini e di abbigliamento. Da quel momento è andato a letto presto. riproduzione riservata