Il Messaggero, 19 maggio 2018
La strage di San Bartolomeo
Fu probabilmente la strage più odiosa della storia Europea. Non per il numero delle vittime, ben inferiore a quello attribuibile, nel secolo scorso, alle brutalità dei nazisti, dei comunisti e degli anarchici. Né per la sua durata, limitata a un paio di giorni. Fu la più odiosa perché consumata in nome della religione; e per di più di una religione che avrebbe dovuto predicare la fratellanza e l’amore. La strage di San Bartolomeo costituì infatti l’apogeo di un’interminabile lotta tra cattolici e protestanti che sconvolse la Francia del sedicesimo secolo.
A metà agosto 1572, Parigi festeggiava le nozze tra Enrico, erede al trono di Navarra, e Margherita di Valois, la reine Margot. I due sposi non potevano esser più diversi di carattere e di educazione: ma soprattutto erano divisi dalla fede. Lui, benché agnostico, era ugonotto. Lei, quantunque di costumi discutibili, era una fervente cattolica. Per marcare la differenza, le nozze furono celebrate a Notre Dame, il 18 Agosto, in settori separati: lei all’altare, lui fuori sul sagrato. Ma il pubblico applaudì lo stesso. Quel matrimonio infatti sembrava por fine alle continue provocazioni e rappresaglie che le due fazioni si erano equamente inflitte con reciproca e fantasiosa ferocia: roghi, squartamenti e altre amenità. Purtroppo quel matrimonio sortì l’effetto contrario. Enrico era arrivato con un numeroso seguito di nobili protestanti, tra i quali l’ammiraglio Coligny, un vegliardo di costumi rigidi e di altrettanto intransigente intolleranza. Parigi, dal canto suo, rigurgitava di cattolici fanatici, guidati dalla famiglia dei Guisa ed eccitati da centinaia di sermoni incendiari. Era un esplosivo, mancava solo un detonatore. Questo brillò la notte del 22, quando un sicario sparò due archibugiate a Coligny, mentre stava rientrando a casa.
LA MICCIAL’ammiraglio fu curato dal medico reale, il famoso Ambrogio Paré, e non riportò gravi conseguenze. Ma l’evento infiammò i protestanti, che pretesero giustizia e forse vendetta. I Guisa approfittarono del pericolo, e premettero sul giovane re Carlo IX, debole e malaticcio di corpo e di spirito, affinché anticipasse la reazione ugonotta con un’azione preventiva. Il ventenne sovrano esitò: amava Coligny tanto quanto temeva la madre. Caterina consigliò di eliminare solo gli esponenti del partito avverso. Guisa interpretò in modo estensivo l’autorizzazione: i suoi sgherri entrarono in casa di Coligny, trafissero l’ammiraglio e ne gettarono il corpo dalla finestra. La folla, sempre benevola, decapitò ed evirò il cadavere, che fu gettato nella Senna. Alcuni, con un supplemento di umanità, lo raccolsero e lo appesero per i piedi. Poi iniziò il massacro dei nobili ugonotti e del loro seguito. Guisa, e la famiglia reale, agirono con indiscriminata ferocia, violando persino il tabù della regale ospitalità. All’interno del Louvre, duchi e marchesi che fino al giorno prima avevano giocato a carte con il re furono sommariamente trucidati. Carlo IX, esaltato dalla follia e dal furore, si diverti a tirare dalla finestra su quelli che fuggivano. Solo Enrico di Navarra si salvò: era il cognato del re,e si era prudentemente convertito.
GERARCHIQuando tutti i gerarchi protestanti, alcune centinaia, furono eliminati, Carlo e Caterina ritennero conclusa la faccenda, e proclamarono la cessazione delle ostilità. Ma la superstizione, la cattiveria e l’avidità umana ebbero il sopravvento. La mattina del 25 fiorì, nel cimitero degli Innocenti, un biancospino. Questo evento fuori stagione fu interpretato come un’approvazione divina del massacro, e un incoraggiamento a riprenderlo. La populace si scatenò, e rinnovò la carneficina aggiungendo ai numeri le crudeltà. Il racconto che ne fa Michelet nella sua Histoire de France è impressionante: mogli denunciarono i mariti, figli strozzarono i padri, bottegai sgozzarono i creditori: il tutto in un’atmosfera di furore che Parigi non aveva mai visto. Donne incinte furono sventrate, e le creaturine estratte con le picche. I monelli dei quartieri giocarono a palla con le teste dei decapitati. Le fogne, a cielo aperto, ruscellarono di sangue per ore. Quando tutto fu finito, una salmodiante processione ringraziò Dio per la quiete ritrovata. Il Papa Gregorio XIII, a Roma, fece suonare le campane a festa e celebrò solennemente una messa di riconoscenza per il Re. La preghiera non fu evidentemente accolta. Carlo IX morì, tra le pustole e le cancrene, due anni dopo, maledicendo la madre e temendo, a ragione, la punizione del Padre Eterno.
PERICOLILa strage di San Bartolomeo avrebbe dovuto allarmare gli individui e gli Stati sui pericoli del fanatismo religioso, alimentato in egual misura da superstizioni grottesche e da interessi dinastici. Essa invece convertì questa limitata lotta di fedi e di feudi in un più vasto scontro continentale: i Paesi Bassi si ribellarono, la Spagna schiacciò (temporaneamente) la rivolta nel sangue, l’Impero si smembrò e l’Europa fu annichilita dalla Guerra dei trent’anni, che per la quantità e la qualità dei massacri può esser paragonata solo al secondo conflitto mondiale. Quando, nel 1648, i trattati di Westfalia chiusero questo periodo maledetto, i sopravvissuti cominciarono a dubitare di un Cristianesimo che aveva sostituito la solare teologia tomistica, la soccorrevole carità francescana e l’indulgente magnificenza rinascimentale con le incitazioni all’odio e le benedizioni dei massacri. Il popolino ringraziò Dio per il ritorno della pace, ma gli intelletti liberi iniziarono a elaborare un’etica svincolata dai settarismi teologici, e più ispirata ai criteri universali di un bene comune fondato sulla coscienza e sulla ragione. I deisti inglesi, da Bolingbroke a Chesterfield aprirono la strada agli illuministi dell’Enciclopedia, e per un pò la tolleranza predicata da Locke e da Voltaire sembrò invertire questa sciagurata tendenza alle carneficine. Ma fu un’illusione effimera. Due secoli dopo San Bartolomeo, la stessa Parigi avrebbe assistito ai raccapriccianti massacri di Settembre, quando i rivoluzionari, atei e mangiapreti, trucidarono migliaia di sacerdoti, frati e suore colpevoli solo di professare una fede millenaria. Il Cattolicesimo fu sostituito da altre confessioni ben più intolleranti e crudeli, che culminarono negli eccidi recenti di Stalin e di Hitler. La lezione da trarre da questo catalogo nero di nefandezze è che la pace è un occasionale momento di tregua che la cattiveria e la stupidità umana si concedono periodicamente solo per riprendere energia. E il peggior insulto che possiamo fare a questi nostri anni relativamente tranquilli, è quello di rimpiangere un idilliaco passato di buoni sentimenti e di solidi valori, che esiste soltanto nella nostra colpevole ignoranza e nella nostra limitata fantasia.