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 2018  maggio 19 Sabato calendario

La guerra dei Trent’anni

Un numero di morti mai calcolato con precisione. Ma che l’Europa non aveva mai conosciuto in precedenza e che non avrebbe più conosciuto, sino alla Prima guerra mondiale. E a fare la differenza non furono le migliaia di armigeri trucidate sul campo di battaglia. Furono i civili massacrati dalla soldataglia e dalle milizie irregolari. Massacrati in nome di Dio, per quanto folle possa sembrare. Si parla, sommando anche gli effetti delle carestie ed epidemie, di almeno 8 milioni di morti. Alcuni studiosi ne ipotizzano 12-13.
Ecco il bilancio di quella che viene chiamata la Guerra dei trent’anni (1618-48) di cui ricorre oggi il funesto quattrocentenario. E forse sarebbe meglio parlare di «guerre», perché lo scontro tra protestanti tedeschi e la coalizione asburgico imperiale finì per far divampare nel continente una sequela di scontri, tutti collegati ma diversi. Eppure la definizione cumulativa Guerra dei trent’anni non è destituita di fondamento. L’Europa aveva già conosciuto guerre di religione, crociate, persecuzioni come quella contro gli albigesi, o il massacro degli ugonotti nel 1572, eppure la violenza sviluppata in questo trentennio e terminata con la pace di Vestfalia risultò unica. L’Europa in questa tempesta d’acciaio perse per sempre la sua unità religiosa. E morì definitivamente l’idea che uno giorno potesse tornare ad esservi un unico impero continentale, erede del modello romano. Però da tutto ciò, violenze in primis, naque uno dei pilastri dell’Europa moderna: l’idea di tolleranza. Dall’impossibilità di vincere in modo assoluto si imparò la necessità di venire a patti. Nacque anche l’idea di un consesso di potenze bilanciate che tanto ha influenzato la storia del Continente.
Ecco perché è così importante ristudiare, anche oggi, le vicende di quello che è ricordato nella vulgata storica come il «secolo di ferro» (definizione resa famosa da Henry Kamen). E in questo risulta molto utile l’opera divulgativa firmata da Luca Stefano Cristini (in cinque volumi e con un ricco apparato illustrativo) in allegato al nostro quotidiano, da oggi per cinque settimane. Anche perché proprio il fatto di essere passati attraverso quella terribile esperienza ha fatto sì che gli europei non ripetessero più l’errore. Ma ora la «guerra santa» torna prepotentemente ad affacciarsi ai nostri orizzonti, proveniente da parti del Mondo che non sono state inoculate da un così terribile ma duraturo vaccino.
E da questo punto di vista è particolarmente interessante proprio il primo volume della collana, Gli antefatti e la guerra palatino boema. Mostra come il continente sprofondò nell’abisso senza rendersene conto. La pace di Augusta, firmata dall’imperatore Carlo V d’Asburgo nel 1555, sembrava aver stabilizzato la Germania e il continente, ponendo fine agli scontri fra cattolici e luterani, il tutto a partire da un principio relativamente semplice: il principio del cuius regio, eius religio. Ma questo principio non teneva conto della diffusione di nuovi culti protestanti, come quello calvinista e tutelava solo la volontà (e la libertà di coscienza) dei principi. Non le convinzioni dei loro sudditi. Questo fatto, sommato alla volontà della Spagna di non perdere il controllo della Germania e dei Paesi Bassi, era di per sé sufficiente a trasformare i territori del Sacro romano impero in una polveriera. La scintilla per farla esplodere si ebbe nel 1617, quando l’imperatore Mattia d’Asburgo abdicò al trono di Boemia – territorio prevalentemente protestante – a favore del cugino, cattolicissimo, Ferdinando II d’Austria, che subito vietò la costruzione di chiese protestanti e negò ai boemi libertà di culto. Divampò la ribellione, e il 23 maggio 1618 due luogotenenti dell’imperatore, oltre al segretario del Consiglio reale, furono scaraventati dalle finestre del palazzo reale di Praga. Era l’inizio della guerra dei Trent’anni...
In certe parti del mondo il radicalismo religioso è ancora oggi una polveriera che può esplodere come la Boemia del 1618, ma troppo a lungo l’Occidente lo ha dimenticato scherzando col fuoco.