la Repubblica, 19 maggio 2018
La casa delle api di Adrien Missika
Una piramide in luserna (un granito grigio locale) confitta a terra per il vertice, su cui sono stati ricavati 2300 fori di differenti diametri. Sono abitazioni possibili per coccinelle, bombi, vespe e api che vi possono nidificare, o passare l’inverno. La scultura di Adrien Missika s’intitola Palazzo delle Api, un’opera permanente site-specific curata da Ilaria Bonacossa e posta nella Fondazione La Raia, a Novi Ligure, un’azienda biodinamica nel territorio del Gavi. Riprende strutture utilizzate dai coltivatori di frutta e verdura per favorire l’impollinazione delle piante. Missika è un giovane artista francese che vive a Berlino e lavora con oggetti e forme vegetali. Il 20 maggio poi è la “Giornata Mondiale delle Api”, dedicata all’insetto più popolare, il più amato. Alacre lavoratrice, l’ape è la destinataria di questa scultura. Se lo merita. Dopo essere apparsa sulla Terra più di settanta milioni di anni fa, oggi potrebbe anche scomparire. L’allarme è stato più volte lanciato. L’ape è un animale sociale in cui gli esseri umani si sono specchiati. Per una strana congiuntura nell’ultimo anno sono apparsi vari libri dedicati a lei: L’intelligenza delle api (Raffaello Cortina) di Randolf Menzel, ricercatore tedesco del settore, coadiuvato da Matthias Eckoldt, e poi Il tempo delle api (il Saggiatore) di Mark L. Winston, docente universitario canadese, uno dei massimi esperti di api e impollinazione; e anche un romanzo ambientato nell’Ottocento: La storia delle api (Marsilio) di Maja Lunde. Perché tutto questo interesse per gli insetti che producono miele e cera? Forse perché sappiamo, dopo gli studi pioneristici di Karl von Frisch, che possiedono un linguaggio e che comunicano tra loro informazioni sulla presenza dei fiori e non solo. O forse perché l’alveare è una metafora vivente della nostra società di massa, che ci inorgoglisce e insieme ci minaccia. Missika ha pensato a questa piramide di forma precolombiana come a una sorta di Unité d’Habitation (Le Corbusier), ma anche agli “edifici metabolisti” giapponesi, alle cellette monacali e, come asserisce la curatrice, alle popolazioni costrette a fuggire dai loro paesi a causa della guerra. Forse la “Giornata mondiale delle api” non è solo rivolta a queste longeve abitanti di campi e prati, ma anche a noi, che siamo sempre più fluttuanti e nomadi in un paesaggio mondiale globalizzato e caotico. Trovare una casa agli insetti è un modo per farci pensare alla casa dell’uomo in questo tempo? Probabilmente sì.