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 2018  maggio 19 Sabato calendario

Lo stilista delle felpe

Stilista in black. Da dieci anni. Da quando a 24 anni si mise in proprio, era il 2007, per, dopo soli 12 mesi, essere acclamato come il più talentuoso emergente. Tempo sei anni è gia firmava una collezione per H&M (come Lagerfeld, Versace, Cavalli, giusto per fare qualche nome) e nel 2016 già stava seduto su di un trono, quello di Balenciaga, che lasciò di sua sponte perché preferiva occuparsi del proprio marchio: Alexander Wang, giustappunto. Lui poi, nato a San Francisco ma di origini taiwanesi, è uno di quei classe 1980 che sembrano aver fatto un patto con il diavolo. Ieri esattamente come due lustri fa: pare sempre lo stesso ragazzino che era coccolato dalle più influenti fashion editor del mondo, americane soprattutto. Sarà per quella pelle ambrata e perfetta, quei lunghi capelli, quel fisico minuto o forse semplicemente quella imprescindibile divisa che è il personaggio, pantaloni e t-shirt neri. Sia questo il nuovo elisir?
«Il nero è la mia uniforme di tutti i giorni. Il mio mantra. È tutto e niente. È personale, comodo, puoi renderlo più elegante o meno. Quando aggiungi tutti i colori insieme ottieni il nero. È eterno, flessibile. Anche di sera. Ho cominciato a vestirmi tutto di nero nei miei primi anni sicuramente non tutto, poi dal 2008, all black».
In nero e al posto della giacca la felpa
«Credo sia incredibilmente entusiasmante, sono sempre stato molto casual. E la “casualizzazione” sul posto di lavoro è amazing, stupefacente. Le persone possono essere se stesse e accettate anche per quello che sono realmente e non nascoste dentro un’uniforme. Mi fa ridere quando vado nei club, specialmente in Francia, e c’è ancora un codice vestiario tipo che devi indossare la giacca, anche sopra a una maglietta colorata. Ma dai! Se hai stile e stai bene, anche se sei appena rientrato dalla spiaggia, non importa: sarai a posto sempre».
Il lavoro è?
«Mi sento particolarmente fortunato a fare quello che amo e potermi svegliare tutte le mattine per andare al lavoro con tanta passione. Se non ti diverti facendo quello che fai non ne vale la pena: è questo ciò in cui credo».
Anche nel creare una borsa porta-gelato?
Ride: «Eccome! Volevo un qualcosa che avesse uno scopo nella collaborazione con Magnum. Un prodotto per tutti i giorni stravagante e sorprendente».
E se avesse inventato un gelato?
Ride di nuovo: «Gusto sesamo nero. Esiste?». Pare di no.
Nel tempo libero?
«Mi rilasso con i miei amici, andando al cinema, scrivendo messaggi».
Che cosa rende una donna sexy?
«Credo sia l’individualità, l’avere qualcosa da dire. È qualcosa che ho sempre rispettato, quando lavoro con le persone mi aspetto che ci mettano sempre del loro in quello che fanno, è questo quello che mi ispira».
Altre storie by Wang?
«Per me è bello rischiare e sperimentare sempre cose nuove. Le sfilate sono come sanno tutti, ma uscire dalla nostra comfort zone, che sia un’esperienza come Magnum o Adidas, allarga per me il significato stesso dell’essere uno stilista di moda o un artista o un creativo. È interessante e moderno».
Cosa cambierebbe nel fashion system?
«Cosa cambierei? A me piace rischiare, spingermi oltre i oltre i confini per innovare e trascinare con me gli altri, il mio team. Quindi cambierei tutto, ma anche no».
Lei è giovanissimo, eppure nella sua ultima passerella ha voluto ricordare, sfilando nell’ex grattacielo Condé Nast, gli anni in cui, praticamente un adolescente, ha cominciato come stylist da Teen Vogue.
«Già ero giovanissimo, ma sono passati solo dieci anni. Tempi non così scontati nella moda. Tant’è che mi pare di essere da tantissimo in questa industria della bellezza che per me è ispirata da sempre dalle donne. Così ho voluto rendere omaggio a loro, che in questo mondo hanno un ruolo importante e potente. Pensiamo alle modelle e quanto siano più pagate degli uomini. O semplicemente a quelle figure femminili che da sempre ci influenzano e tante ci proteggono. Così ho pensato di fare una collezione che girasse attorno all’idea di un capo donna, una ceo: se non Anna Wintour, chi? E l’ho riportata indietro, al tempo in cui cominciai, negli uffici di Vogue, in Times Square, una location molto iconica».
È per tutti lo stilista dai lunghi (invidiati) capelli. Il segreto?
«Non faccio molto per averli così! Qualche prodotto ma giuro niente permanente».
Quando esce in passerella dopo lo show pare una furia, sempre veloce come il vento!
«Non capisco gli stilisti che fanno un saluto veloce e timido. Ma come, tutto quel tempo nel backstage, a vestire le modelle, la gente che urla e tu lì carico di energia e aspettative. Non riesco a non esplodere fuori correndo». E allora corri, corri Alexander.